Omelia (26-12-2021) |
fr. Massimo Rossi |
Siamo a Natale, e la settimana che inizia oggi - l'Ottava di Natale -, potremmo dire, è Natale tutti i giorni. Dunque, pace, gioia, gratitudine, buoni sentimenti, buone intenzioni, questo e tanto altro ancora ci riempie la mente e il cuore. Ma non solo: il Vangelo di oggi ci racconta una storia non certo di pace e di gioia; piuttosto la cronaca di una tragedia sfiorata, una di quelle tragedie immortalate sulle prime pagine dei quotidiani, una di quelle storie portate sugli schermi cinematografici e televisivi: la scomparsa di un ragazzino di 12 anni in circostanze misteriose. La Gerusalemme dei giorni di Pasqua era una metropoli che scoppiava di gente, più o meno come oggi: pellegrini arrivati da tutta la Palestina, ma anche da paesi lontani, per i riti prescritti dalla Legge di Mosè. Non era così difficile smarrirsi nelle vie strette e anguste della città vecchia, o in quel labirinto di stanze, corridoi, porticati e magazzini che costituiva il glorioso Tempio di Salomone. Ogni anno qualche bambino spariva, e non veniva più ritrovato... magari rapito dai sicari di qualche ricco mercante, per essere condotto schiavo in Oriente. La Bibbia riporta alcuni episodi del genere; uno per tutti, il caso di Giuseppe venduto (dai fratelli) a una cricca di Madianiti, e tradotto in Egitto; se ne parla nell'ultima sezione della Genesi; una lettura interessante, ricca di colpi di scena... ma non voglio spoilerarla. C'è qualcosa che lega Gesù alla città di Davide, un mistero di vita e di morte, dove la religione si mescola agli affetti, agli interessi politici, e ne esce una chimica a dir poco esplosiva - per non dire distruttiva -. Adesso Gesù ha dodici anni: un adolescente nel pieno dello sviluppo psicofisico, intellettuale, affettivo e spirituale. Vent'anni dopo entrerà a Gerusalemme per l'ultima volta, tra due ali di folla in delirio; e anche stavolta, come la prima volta raccontata dal Vangelo di oggi, "si perderà per tre giorni". Ma torniamo al Gesù dodicenne: l'episodio raccontato solo da san Luca è profezia della passione del Signore, motivo per cui li ho messi in relazione. Ci sono tutti gli ingredienti che ritroveremo nelle pagine che riferiscono i giorni della passione: la città santa, le folle presenti per la Pasqua ebraica, i soldati che presidiano le strade in assetto antisommossa, per scongiurare attentati e sollevamenti di popolo,... E poi i sacerdoti e i dottori della Legge che interrogano il figlio del falegname, ormai adulto ed emancipato dalla sua famiglia. Ma, un adolescente di dodici anni non è ancora emancipato dai genitori, e neppure lo potrebbe. È dura vivere entro gli angusti confini della vita domestica, con mamma e papà, specie per un figlio unico. Certi giorni si soffoca... C'è qualcosa - qualcuno? - che preme per uscire... si chiama vita! E la vita è un richiamo, un istinto a cambiare, perché si sta cambiando fuori e dentro, un impulso a sperimentare emozioni nuove, esperienze nuove,... Un ragazzino si scopre a farsi domande che non si era mai fatto... sono domande che non trovano risposte in famiglia; non perché i genitori non le abbiano (le risposte), ma perché non è più lì, in famiglia, che un figlio le cerca! C'è un "altrove" che attrae, e al tempo stretto spaventa. Non è vero che soltanto i vecchi ci chiedono di capire ciò che non dicono... Anche gli adolescenti non sanno (ancora) dire, e ci chiedono di capire... Noi lo sappiamo bene, perché ci siamo già passati. Nel caso di Gesù, il suo stato interiore era ancor più complesso e articolato. La fede esercitava su di lui un'attrattiva irresistibile: Dio lo chiamava a sé. Il mistero dell'Incarnazione cominciava a produrre i frutti, era venuta l'ora che quel ragazzino prendesse coscienza. Sarebbero ancora passati vent'anni, da quel primo sentore di "figliolanza divina" - "Perché mi cercavate? non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?" -. Certo che lo sapevano i suoi genitori... come lo sappiamo noi; loro malgrado, e anche nostro, non sempre sapere in teoria significa conoscere la verità nel suo significato profondo, anche e soprattutto in termini di implicazioni, di ricadute sulla vita pratica. Maria e Giuseppe ricordavano bene che cosa era accaduto dodici anni prima - ne sono convinto -; ma come si sarebbe evoluta la situazione, quali scelte avrebbe compiuto quel figlio un po' strano; le conseguenze di tali scelte, per lui, per loro...e per noi, nessuno poteva immaginarsele, neppure quei due santi genitori! "Figlio, perché ci hai fatto questo? ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo."; tipica reazione di due genitori che hanno temuto il peggio per loro bambino: farlo sentire in colpa! Ma il futuro Salvatore, non si sentì minimamente in colpa; anzi, si stupì della protesta dei Suoi e reagì nel modo che sappiamo, ripresentando (loro), in tutta la sua durezza, il destino di vita e di morte che misteriosamente lo attraeva già con le sue malie. Dobbiamo dargli atto che, dopo quella reazione apparentemente ineducata e del tutto oversize, per un ragazzetto di 12 anni, Gesù se tornò a casa, buono buono, con papà e mamma, "e stava loro sottomesso". Un tratto importante di sua madre, Maria, - e concludo - è quello di memorizzare fatti e persone, "meditandoli in cuor suo" -. Mi sembra una bel modo di affrontare il presente, e più ancora il futuro... Che ne dite, vogliamo provare anche noi? |