Omelia (06-01-2022) |
padre Paul Devreux |
La tradizione cristiana si è innamorata di questi magi per cui hanno costruito diverse leggende su di loro appoggiandosi a testi biblici. Prima li fanno diventare re con cammelli e dromedari, poi diventano tre, perché tre sono i doni, poi gli hanno dato nomi colore e età diverse, perché così rappresentano tutti noi. Ma il centro del racconto sta nel confronto tra chi accoglie Gesù e chi lo rifiuta. Erode e tutta Gerusalemme sono preoccupati perché hanno paura della novità. Invece i Magi rappresentano chi non si accontenta e cerca, guarda in alto, oltre l'orizzonte del loro quotidiano, e vedono una stella, segno di speranza, di una luce nuova, e immaginano che sarà un bravo re. Il racconto è molto poetico, ma alla fine si capisce chiaramente che questa stella è Gesù. Chi lo accoglie prova una gioia grandissima. In oltre quest'incontro apre ad una prospettiva di vita nuova. Infatti i magi arrivano a Gerusalemme facendo un ragionamento logico. Pensano che se si tratta di un re, sarà un figlio del re. Così è sempre stato. E' la logica di questo mondo. Ma dopo l'esperienza della semplice grotta e dell'umiltà di Maria e Giuseppe; dopo aver visto questo futuro re adagiato in una mangiatoia, capiscono che hanno davanti qualcosa di completamente nuovo, e cambiano strada:"per un'altra strada fecero ritorno al loro paese." L'incontro col Signore apre a una logica e a scelte nuove. Notiamo ancora che Matteo aggiunge ai doni dell'oro e dell'incenso, la mirra. Questi doni rappresentano la nostra vocazione di Cristiani, perché l'oro è simbolo di regalità, l'incenso di sacerdozio, la mirra simboleggia l'amore. Rappresentano la Chiesa, sposa di Cristo, regale e sacerdotale. Quindi, in sostanza, i Magi vengono a dirci che siamo tutti chiamati a regnare con Gesù, come popolo sacerdotale. Oggi i Magi siamo noi.
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