Omelia (09-01-2022)
fr. Massimo Rossi
Commento su Luca 3,15-16.21-22

Con la solennità del Battesimo di Gesù si conclude ufficialmente il tempo di Natale.
Ma l'atteggiamento dell'attesa vigile, l'attenzione a cogliere le circostanze favorevoli per accorciare - se non proprio azzerare - le distanze tra noi e il Cristo,... insomma, il cammino di sequela del Signore non finisce. E tanto per rimanere in tema, ecco la profezia di Isaia della prima lettura: "Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati;...".
La descrizione di Colui che viene, il Signore nostro Dio, è quantomeno singolare: "Viene con potenza, esercita il dominio con il suo braccio..."; ma, ecco che improvvisamente la descrizione cambia per così dire, rotta: "Come un pastore fa pascolare il suo gregge e con il suo braccio lo raduna, porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri.": le dinamiche del viaggio, della vigilanza imbevuta di fiducia, della cura dei particolari nelle nostre relazioni, prima tra tutte la relazione con Dio, sono libere da ogni timore, da ogni senso del dovere che non scaturisca dall'obbedienza a noi stessi: siamo stati creati ad immagine e somiglianza del Creatore; sarebbe un affronto alla nostra dignità di figli di Dio, rifiutare di vivere come discepoli del Signore, percorrendo altre strade.
"Tu sei mio figlio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento.": il terzo evangelista racconta il fatto come discorso intimo di Dio con suo figlio.
Vorrei focalizzare l'attenzione su questo particolare: la fede, intesa come rapporto intimo tra noi, ciascuno di noi, e Dio. In altre parole, più che l'apprendimento della fede attraverso il racconto di altri - la famiglia, il catechista, l'insegnante di religione, il parroco,... -, è l'esperienza personale, diretta che ci dà il diritto, e, aggiungo io, il dovere di confessare: "io credo in Dio!". Che poi, questo Dio, sia il Dio di Gesù Cristo, è ancora un altro discorso...
Attenzione: non sto insinuando che famiglia, catechisti, insegnanti di religione, parroci,... siano inutili; al contrario! Dobbiamo constatare che, se in questi ultimi anni, i giovani si sono allontanati progressivamente dalla fede, è perché la generazione che li ha preceduti, praticamente noi, cinquanta/sessantenni, non siamo stati in grado di trasmettere loro la ‘nostrà fede; è mancata la traditio fidei, come dice la Chiesa.
Chiarito questo aspetto fondamentale per tutti i cristiani e, naturalmente, per la Chiesa, è altrettanto doveroso ribadire che non si può credere in modo adulto e maturo, se l'apprendimento della fede non è stato avvalorato, comprovato, verificato dall'esperienza personale.
Rischio addirittura la banalità, ma, ascoltando le confessioni e più in generale, le confidenze di molti cristiani, e sedicenti credenti, emerge il sospetto - e più che un sospetto! - che la fede, altro non sia che uno dei tanti dati di educazione ricevuti durante gli anni dell'infanzia, inculcati dall'autorità genitoriale, dalla nonna (autorità esterna), ma concretamente mai, o quasi mai, suffragati da un'esperienza di fede vissuta in prima persona.

Torniamo dunque alle rive del Giordano, dove Gesù di Nazareth ha appena ricevuto il segno del battesimo, per mano di Giovanni il precursore; e una domanda sorge spontanea: era proprio necessario che Dio Padre dichiarasse a suo figlio di aver posto in lui il Suo (divino) compiacimento? Non lo sapeva già, il Nazareno, di essere il figlio preferito, o, come dice il Vangelo, l'amato?
Secondo il mio personale modo di pensare - ma non solo mio, per fortuna! -, è proprio questo il momento in cui la fede che Gesù aveva assunto da Maria, sua madre - crederete mica che Gesù fosse nato già con la scienza infusa, quanto a senso religioso... - riceve legittimazione, verifica, conferma in questa (prima?) esperienza (diretta) di Dio.

Emerge la delicata questione della consapevolezza da parte di Gesù, di essere il Messia, e di andare incontro alla passione, questione essenziale a stabilire la verità dei fatti raccontati nel Vangelo,...
L'esegesi più accreditata propende per una consapevolezza graduale, raggiunta dal figlio del falegname, alla luce dei fatti; in particolare (alla luce del)le relazioni con i rappresentanti religiosi del tempo; ma non solo, anche (le relazioni) con la gente e i discepoli...
Sappiamo che Gesù, discendente di Davide, secondo le Scritture, apparteneva alla tribù di Giuda, a differenza della classe sacerdotale, appartenente, fin dai tempi di Mosè, alla tribù di Levi.
Già questa differenza poneva tra i sommi sacerdoti e Gesù una distanza non trascurabile per una cultura come quella semitica, così legata alle tradizioni religiose...

Tornando un'ultima volta all'episodio raccontato da san Luca, ricevuti i favori celesti, Gesù sarà cacciato dallo Spirito Santo nel deserto, ove conoscerà la seduzioni del Tentatore: ecco la seconda incognita, del sistema che chiamiamo adesione alla fede.
Pensare di essere uomini e donne credenti, senza aver forgiato la fede immergendola nelle vicende della vita, in particolare, nel fuoco delle tentazioni, è un'illusione.
Esiste una fede illusoria, ma esiste anche una fede reale, concreta, vera e, in quanto vera, efficace.
La storia della nostra fede, così come la storia della fede di Gesù, è un'opera scritta a più mani, tra le quali, almeno all'inizio, le nostre non ci sono... ma poi, una volta cresciuti, conservare la fede oppure abbandonarla, dipende da noi, da nessun altro!
Di questa scelta, dovremo rendere conto, prima che a Dio, a noi stessi.