Omelia (06-01-2022)
don Maurizio Prandi
Adorato da fedi lontane

E' certamente la festa della Luce l'Epifania, lo è perché troviamo segni luminosi, accesi!

Vero anche che ci sono figure, verrebbe da dire, tenebrose ma forse sono più spente che tenebrose: spento è Erode, preoccupato di sé e del suo potere. Spenti i capi dei sacerdoti e gli scribi, che ripetendo a memoria qualche versetto della Scrittura si mostrano incapaci di vibrare, sussultare e quindi di ascoltare la Parola di Dio. Spenta la grande città di Gerusalemme, che dovrebbe essere la culla della fede di Israele e invece all'annuncio di una culla che accoglie un Bambino, all'annuncio della nascita del Re dei Giudei, proprio come il suo re Erode rimane ferma, immobile nel suo turbamento.

Ma fortunatamente come dicevo all'inizio e come diceva Emiliano nel suo pensiero sul Natale, Gesù nasce e rischiara quel buio portando pace, gioia, forza, coraggio; l'Epifania è davvero una festa di luce e sui segni luminosi che oggi propone la pagina di vangelo di Matteo proviamo a fermarci.


Luminosa è la stella, come luminosa è ogni persona che si prende la responsabilità di indicare un cammino, un percorso, ogni persona capace di essere segno, di indicare una direzione non qualunque, non scontata, ma la direzione del bene e del dono. Penso a quanti genitori luminosi allora che indicano, che sono segno, a quanti educatori, insegnanti.

Luminosi i Magi accesi:

- dalle loro domande

- dal loro saper scrutare il cielo, dal loro tenere alto lo sguardo

- dal coraggio di mettersi in cammino

- dal seguire le loro intuizioni

- dal non perdersi d'animo nelle difficoltà

- dal non voler mescolare la propria storia con quella del potere.

Faccio un paragone un po' azzardato ma paragono gli adolescenti che hanno partecipato al mini campo invernale a queste figure: il coraggio di mettersi in cammino, il lasciare spazio alle domande, il non perdersi d'animo nelle difficoltà, il desiderio di tenere alto lo sguardo. Ecco: loro accesi, luminosi e io forse non spento ma diciamo nemmeno troppo acceso!

Luminosa è la Parola di Dio che interrogata indica con certezza il luogo dove nasce il Re dei Giudei e in questa pagina ci dice che nel vangelo non c'è mai chiusura, non c'è paura, perché la paura di chi viene da Oriente non è contemplata nel Vangelo, se paura ci sarà, sarà nei confronti di chi è vicino, di chi dovrebbe esserti amico, di chi dovrebbe vigilare su di te, di chi dovrebbe aver cura di te. Se Giuseppe e Maria avranno paura, non sarà dei Magi, ma di Erode, il loro re!

Luminosa è Betlemme, casa del pane, perché non trattiene, ma lascia uscire: da te uscirà. Chissà se il profeta Michea intendeva questo ma mi piace pensare che sia così luminosa Betlemme perché Gesù da lì esce per andare, cammina luminoso Gesù, incontro a ogni donna ed ogni uomo, cominciando proprio dai più distanti (chissà, forse proprio quelli che avevano chiuso le porte alla sua famiglia), per farsi compagno di strada di tutti, per annunciare, come dicevamo i giorni scorsi, che l'amore di Dio abbraccia e non esclude nessuno; la luminosità di Gesù proviene dal suo andare, dal suo farsi prossimo e allora anche la nostra luminosità come scrive papa Francesco: non provenga da trucchi o effetti speciali, ma, guardando a Lui, nasca dal nostro farci prossimo di chi incontriamo ferito lungo il cammino, con amore, con tenerezza.

Luminosa la famiglia di Gesù, Maria nel suo custodire e provare a mettere insieme i pezzi, ma anche Giuseppe, nel suo silenzio; luminosa è la piccolezza, la semplicità che si trovano di fronte i Magi, che in assenza di ostacoli, di muri tra loro e Dio arrivano e adorano il Dio-Bambino.


Immaginiamoci lì anche noi, lo suggeriva sempre Emiliano, davanti al presepe con cuore che arde per la nascita di Gesù, immaginiamoci insieme a i Magi e ai pastori e lasciamoci investire dalla luminosità di Maria. Davanti al Bambino e Maria, sua madre e riascoltiamo le parole che papa Francesco ci ha detto pochi giorni fa: Immaginiamo Maria che, come mamma tenera e premurosa, ha appena adagiato Gesù nella mangiatoia. In quell'adagiare possiamo vedere un dono fatto a noi: la Madonna non tiene il Figlio per sé, ma lo presenta a noi; non lo stringe solo tra le sue braccia, ma lo depone per invitarci a guardarlo, accoglierlo e adorarlo. Ecco la maternità di Maria: il Figlio che è nato lo offre a tutti noi. Sempre dando il Figlio, indicando il Figlio, mai trattenendo come cosa propria il Figlio, no. E così durante tutta la vita di Gesù.

E nel posarlo davanti ai nostri occhi, senza dire una parola, ci dona un messaggio stupendo: Dio è vicino, a portata di mano. Non viene con la potenza di chi vuole essere temuto, ma con la fragilità di chi chiede di essere amato; non giudica dall'alto di un trono, ma ci guarda dal basso come fratello, anzi, come figlio. Nasce piccolo e bisognoso perché nessuno debba più vergognarsi di se stesso: proprio quando facciamo esperienza della nostra debolezza e della nostra fragilità, possiamo sentire Dio ancora più vicino, perché si è presentato a noi così, debole e fragile. È il Dio-bambino che nasce per non escludere nessuno. Per farci diventare tutti fratelli e sorelle.


Ecco allora che, partiti per fare la cosa più semplice e normale, celebrare la grandezza di un re, anche i Magi si ritrovano a celebrare invece Dio nel piccolo, nel normale. Uomini dallo sguardo alto riconoscono Dio in una città di poco conto, nato in una casa da niente, in braccio ad una donna adolescente e noi contempliamo Dio adorato da fedi lontane (don A. Casati), felici per credere in questo Dio che chiama tutti, ma proprio tutti i popoli alla salvezza e che nei Magi e nelle loro provenienze ricorda alla chiesa che è cattolica nel suo significato più profondo, più vero, ovvero universale, cioè senza confini.