Omelia (06-01-2022)
don Luca Garbinetto
I tre volti della conversione

Alla scuola dei Magi, impariamo l'arte della conversione.

Letteralmente, nell'ebraico (shub), convertirsi significa invertire la direzione e proseguire il cammino dalla parte opposta. È quello che essi fanno dopo aver incontrato e adorato il Bambino: "per un'altra strada fecero ritorno al loro paese" (v. 12).

Nel termine greco metanoia troviamo invece l'idea di un mutamento radicale di prospettiva, un cambiamento del nous, del punto di vista, del riferimento attraverso cui si guarda alla realtà e la si valuta. Ciò implica il lasciarsi coinvolgere in tutte le dimensioni della persona, disponibili a uscire dalla roccaforte del proprio conoscere. Un apprendimento non soltanto intellettuale, ma esperienziale e relazionale, dal quale invece Erode, antieroe delle drammatiche pagine dell'infanzia matteana di Gesù, si tiene ben alla larga.

Tutto questo è annotato dinamicamente nella vicenda di questi uomini venuti dall'oriente, simbolo di tutte le nazioni e di ciascuno di noi, ai quali dobbiamo anche con gratitudine riconoscere l'umile capacità di accomunarci fra tutte le nazioni. Vi è infatti qualcosa che unisce ogni essere umano, a prescindere dalla propria appartenenza culturale, religiosa, sociale, ecc.: ed è l'intimo desiderio di cercare un oltre, un di più, una presenza che sta più in là e che si brama possa placare l'infinita sete di pienezza che portiamo dentro.


Siamo tutti Magi...

...se riconosciamo che da soli non bastiamo a noi stessi, per quanto saggi ci riconosciamo, agli occhi nostri o degli altri. E se siamo Magi, siamo uomini, perché la natura umana è costitutivamente mortale eppure assetata di Eterno.


Nasce da qui la ricerca, prima di tutto intellettuale.

I Magi si fanno domande. Non temono l'inquietudine della curiosità, indagano le stelle perché ascoltano i dolori dello spirito. L'animo che si scopre incompleto diventa capace di interrogare, con la speranza di capire di più, non per possedere avidamente, ma per lasciarsi stupire. Così i Magi intravedono la stella, perché sono allenati alla notte del dubbio interessato, dello sguardo che scruta, della ragione sapiente che si lascia accompagnare dal creato e dall'altro nella scoperta.

Abbiamo bisogno, urgentemente, di menti curiose, coraggiose, immerse nell'esplorazione del mistero senza trasformarlo in oggetto di dominio consumistico e senza fare della scienza e della tecnica un idolo!

L'autentica conversione intellettuale che sgorga da una ragione affidata scrupolosamente alle leggi della natura, da riconoscere nell'organismo vivente della storia, per poi essere accompagnate e migliorate senza abusare della vita, si manifesta nel movimento.


I Magi si mettono in cammino.

Non sono speleologhi da tavolino, perduti nelle elucubrazioni fredde e ciniche. Si spostano verso l'ignoto perché il mistero attira la volontà. La conversione verso l'altro e verso l'Infinito necessariamente obbliga le persone a spostarsi, cioè a lasciare abitudini e spazi sicuri e conosciuti per interagire con la novità. Questi nuovi comportamenti, questa abitudine all'andare è indice di umiltà. Perché mantiene, come i Magi testimoniano al sopraggiungere a Gerusalemme, l'atteggiamento di fondo della ricerca che va aiutata, che ha bisogno di altri. Essi domandano, anche quando la domanda cade in orecchi e cuori pericolosi come quelli del re Erode e dei suoi ministri. Ma se vi è un passo di conversione morale autentico, allora si può fare discernimento, ed escludere ciò che è male. I Magi "odono" Erode (cfr v. 9), ma non lo ascoltano.

Non si può pensare di essere uomini e donne convertiti se non si mutano abitudini e comportamenti, in una direzione chiara di solidarietà e di adesione alla rivelazione di un mistero di pace e di giustizia per tutti! Non si vive la fede restando seduti nel divano di casa a chiacchierare di ciò che gli altri dovrebbero cambiare di sé e del mondo!


Ma la conversione definitiva è questione di cuore.

I Magi arrivano preparati, la gioia immensa che provano lo dimostra. La visione della casa dove giace il Bambino con sua madre, in una misera mangiatoia, è come una folgore di bellezza. L'incontro con il Signore è esperienza affettuosamente sconvolgente. Dio tocca i sentimenti più profondi, e si cade a terra adoranti perché si sperimenta il dislivello tra la propria piccolezza (pur con tanta conoscenza ed esperienza) e la Sua grandezza (pur nella fragilità di un neonato).

La vera conversione deve necessariamente passare per i solchi degli affetti, e riempire le nostre passioni di un altro, insostituibile volto: quello di Gesù. Alla Sua luce tutti gli altri volti si colorano di vita nuova, e l'esistenza quotidiana e ordinaria acquisisce in tutto il sapore della rivelazione. Tornando ai loro paesi, alla vita di prima, i Magi sono cambiati dentro. Hanno lasciato i simboli dei tesori più grandi ai piedi di colui che è diventato il loro unico tesoro. L'esperienza terrena di Gesù, Re, Dio e Profeta che dà la vita per l'umanità, diventa il paradigma per interpretare ogni altra nostra esperienza. Così piano piano, con i Magi, il cammino continua in una nuova direzione ben precisa: quella dell'assimilazione al Figlio, quella della trasformazione interiore che fa crescere in noi colui che vi è nato.

Fino al giorno in cui potremo anche noi commuoverci e dire: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me!" (Gal 2,20).