Omelia (16-01-2022)
padre Paul Devreux


In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.

Non leggiamo questo vangelo come un fatto di cronaca. Proviamo a vedere il messaggio bellissimo che vuole darci.

La festa di nozze è spesso usato nella Bibbia come simbolo del rapporto tra Dio e il suo popolo. La madre di Gesù, oltre ad essere Maria, è anche Israele. Praticamente si sta parlando del rapporto sponsale tra Dio, che è lo sposo, e il suo popolo, che è la sposa. Infatti gli sposi non vengono mai menzionati, e neanche Maria. Gesù è invitato a queste nozze.


Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino».

E' venuto a mancare il vino, o come dice la madre, non c'è, forse perché non c'è mai stato! Se stiamo parlando del matrimonio tra Dio e Israele, che era nato per amore, ma è diventato una religione fondata sull'osservanza della legge, come può essere bello e allegro? Il vino è simbolo di allegria. E noi, come chiesa, quando invitiamo i fedeli a venire alla messa di precetto, ovvero dell'obbligo, non stiamo cadendo nello stesso tranello? Qual è il nostro bisogno? Cosa sogna il Signore?


E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora».

Questa risposta di Gesù, più che una domanda è un'affermazione che si capisce meglio se tradotta dicendo: "E' giunta la mia ora. E' tempo che io metta vino, allegria, gioia, felicità in questo matrimonio; affinché chi vi partecipa sia contento, tanto da invogliare altri a parteciparvi. Che finalmente sia una festa!".


Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

Anche oggi Maria, la Chiesa, ci dice: "Fate quello che vi dirà"; fate quello che vi dirà con tutta la sua vita e con i suoi insegnamenti. E' come quando il Padre dirà ai discepoli: "Questi è mio figlio, ascoltatelo". E' la stessa cosa.


Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri.

Gesù dirà di riempirle, quindi sono vuote. Hanno servito per provare a purificare tanta gente, ma questo rito non è riuscito a portare vino. Rimane un matrimonio velato di tristezza.


E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le anfore»; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.

L'acqua che può diventare vino, è la sua acqua, quella che viene dallo Spirito Santo. Un'acqua viva, in movimento continuo, non stagnante, come sogna che sia la sua Chiesa.


Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

Chi dirige il banchetto oggi sono i sacerdoti. Questo ha il merito di stupirsi e di rallegrarsi, contrariamente a che rifiuta qualsiasi novità. Infatti, il vino buono, nella vita della chiesa e nelle liturgie, è segno di novità che rendono piacevoli l'assemblea e la vita della chiesa. Possono essere canti, commenti alla parola, o altre cose; ma soprattutto relazioni belle e libere, come quelle che Dio Padre ha con Gesù, e desidera avere con noi. Lui non pretende che la pensiamo tutti allo stesso modo, né ci ordina norme di comportamento. L'unica indicazione che ci dà è il comandamento dell'amore, che si può vivere ed esprimere in tanti modi molto diversi. Questo è il matrimonio a cui Gesù ci invita.


Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Il segno principale che fa si che i discepoli credettero in lui, è il vedere la relazione che Gesù ha con suo Padre, e che siamo invitati a condividere. Non più una relazione di sudditanza e paura, ma di figli amati gratuitamente dal Padre.


Buona domenica.