Omelia (16-01-2022)
Agenzia SIR


Riprende il tempo ordinario, ma avvertiamo ancora nella liturgia odierna, quanto abbiamo celebrato durante le festività natalizie. Animati dalle bellissime parole della prima lettura, tratta dal capitolo 62 del profeta Isaia, ci accostiamo, a riflettere sul primo segno che Gesù compie, nel vangelo di Giovanni, durante le nozze di Cana di Galilea. Il profeta Isaia ci ricorda un'immagine molto bella, che è stata sviluppata nel primo testamento: Dio è lo sposo d'Israele e il popolo la sua sposa, il libro principe di questa bellissima icona rimane il Cantico dei Cantici. Con il natale di Gesù, lo Sposo è venuto per manifestare il suo amore nei confronti della sua sposa, ma il matrimonio, che sancirà questa nuova unione, sarà totalmente diverso. Sullo sfondo del brano di Giovanni riecheggiano gli episodi di Esodo 19: l'Alleanza stipulata tra Dio e Mosè, avvenuta tre giorni dopo l'uscita d'Israele dall'Egitto con la consegna delle tavole della Legge. Più che il segno della festa, il vino, che è venuto a mancare, manifesta il legame d'amore tra lo sposo e la sposa, i quali durante la celebrazione bevono dal medesimo calice. Tra Dio e il popolo manca il vino, vi è solamente acqua, simbolo della Legge, e giare di pietra, che ricordano le tavole su cui la Legge è stata scritta. Gesù, rispondendo alla Madre, chiarisce che la sua missione non è quella di rinvigorire la vecchia alleanza, ma di stipularne una totalmente nuova, che verrà pienamente manifestata nell'Ora della croce. Ogni volta che i servitori attingeranno all'acqua, contenuta nelle sei giare (numero dell'imperfezione), doneranno del vino buono a tutti i presenti: un amore abbondante che non finirà più. La nostra attenzione viene carpita dalle parole del responsabile (o meglio "del direttore") del banchetto, inconsapevole della mancanza di vino e del forte disagio da ciò provocato. Con le sue affermazioni, quest'ultimo fa capire che le cose buone appartengono solo al passato, mentre i tempi presenti si manifestano essere meno buoni. Con il compimento di questo primo segno, Gesù dimostra che l'amore del Padre è sempre attivo ed efficace per tutti i suoi figli e che se ognuno di noi è disposto a bere al Suo calice, colmo d'amore per l'umanità, può essere inserito in questa profonda relazione, divenendo, di conseguenza, segno di quell'amore capace di ridonare a tutti la gioia dell'esistenza.

Commento a cura di Luca De Santis