Omelia (16-01-2022)
don Maurizio Prandi
Un Dio nascosto!

Quella a Cana di Galilea è la terza Epifania di Gesù, la terza Epifania del Figlio di Dio e come abbiamo sottolineato insieme, anche questa non avviene nel segno della straordinarietà ma dell'ordinarietà: è questo il filo rosso che unisce le tre manifestazioni di Gesù:

- un bambino

- un uomo mescolato, confuso con il popolo che sta ricevendo il battesimo al Giordano

- una festa di nozze.

Che bello il volto di Dio che Gesù ci racconta: il volto di un Dio che (come suggerisce don A. Casati in un suo testo), si rivela nascondendosi! Si nasconde in una casa a Betlemme, si nasconde nella fila dei peccatori desiderosi di cambiamento, si nasconde tra gli invitati a una festa di nozze. Così nascosto che nessuno sa cosa sia successo! Manifestò la sua gloria! Sì, però, su Gesù... silenzio! Anzi quello che passa è che gli sposi sono dei grandi, perché hanno conservato il vino buono per la fine della festa! Ecco: il merito va a delle persone che con ciò che era avvenuto non c'entrano per nulla! Il merito va ad altri! Ma donare senza clamori, senza suonare la tromba è lezione contenuta in ogni pagina del Vangelo.


Come ben sappiamo ad un certo punto manca il vino e quindi rischia di venir meno la gioia, l'allegria di più: per il significato che ha il vino nella Scrittura rischia di venire meno il rapporto, la relazione con Dio. Si diceva una cosa importante durante la condivisione e la preghiera su questa pagina di vangelo che la parola di Dio non è staccata, distante dalla vita e che questo brano semplicemente racconta quello che può accadere ad ognuno di noi perché un momento per così dire di stanca può capitare a tutti: il vino, cioè la gioia, il rapporto con Dio può venir meno.


E Maria è lì ad indicarci le strade:

- Accorgersi, rendersi conto dei bisogni anche quando sono bisogni degli altri! E questo nasce dall'avere attenzione a tutto quello che accade attorno a noi! Soltanto così, là dove nessuno sembra preoccuparsi perché fa semplicemente il mestiere dell'invitato, la festa può continuare.

- Affidarsi affidatevi, mettetevi in ascolto per fare la Parola, non per semplicemente dirla; i nostri cuori, come le anfore rischiano di diventare di pietra, ma proprio quando rischiano di svuotarsi ecco che con l'ascoltare e il fare la Parola potranno tornare a riempirsi e a trasformare la vita che rischia di chiudersi o di spegnersi. Sei anfore di pietra, ciascuna contenente 100/120 litri, difficile che potessero davvero lì, ma sei erano le anfore che i pellegrini trovavano nel Tempio di Gerusalemme e che servivano per la purificazione rituale.

Anfore di pietra, materiale che richiama:

- Freddezza, e qualcuno ricordava una educazione catechistica ricevuta che metteva in guardia circa la troppa gioia, la troppa festa perché sicuramente c'è trasgressione, c'è peccato! Su questo ricordo che don Michele Do, una persona che è stata di riferimento per tanti nella nostra Diocesi, scriveva che aveva dovuto come liberarsi dall'idea di un Dio che non benedice, non sorride, non ama ma avvelena la vita. C'era la paura di amare, il sospetto dell'amore, il sospetto dell'amicizia, la paura delle cose come se fossero contro Dio!

- La legge antica scritta appunto su tavole di pietra che senza il compimento, la lettura data da Gesù diventa un peso insopportabile, che schiaccia ed opprime.

- Una ritualità vuota, immobile come le anfore. E scopro che anch'io rischio di vivere e far vivere così il rito che celebro, vuoto di passione, gioia, festa, di ebbrezza, quando nella religione manca l'ebrezza dell'amore ti rifugi nell'ovvio, nello scontato, nelle purificazioni, nelle abluzioni legate alla legge (don A. Casati). C'è come un salto, un passaggio importante in questo brano di vangelo: non più una religione che non sa parlare d'altro che di precetti e purificazioni, non più una religione che guarda l'amore umano con un residuo di sospetto, come un qualcosa da purificare, ma la fede in un Dio che allarga, dilata l'amore e che accende la passione.

- La pietra messa per chiudere Gesù nel sepolcro, ci metti una pietra sopra quando continui a ribadire che Gesù ha sempre tutto chiaro, che sa tutto e invece, invece no come ci dicevamo le settimane scorse: sta trent'anni nascosto perché deve capire quale sia la sua strada, interpreta, impara dalle situazioni, cresce, come abbiamo visto la settimana scorsa nel suo primo atto pubblico si presenta come un credente, come uno che prega perché non dà per scontato Dio-Padre né il suo rapporto con Lui, il suo è un percorso che sentiamo vicino perché molto umano, un percorso che Gesù fa nella compagnia degli uomini e lo fa non per finta ma così seriamente da aver bisogno di una donna (così come Gesù chiama Maria chiama nel vangelo di Giovanni) per imparare e capire che è arrivato il momento di manifestarsi!


Da ultimo il fatto che questo è il principio dei segni, ed è un principio all'interno di una festa. Credo che qui ci sia un grande insegnamento per noi che viviamo di sacramenti, che il catechismo della Chiesa Cattolica ci dice essere segni efficaci dell'amore di Dio. Qualcosa di magico, nel sacramento, qualcosa di miracolistico? No: sacramento, (e la pagina di vangelo di oggi ce lo mostra limpidamente), è Gesù che rimane nei segni umani, è Gesù che rimane nel vino, nella festa, nell'amore. Lo impara da Maria a rimanere lì, nel vino che pure non è essenziale come il pane e se lo ricorderà bene Gesù, quel giorno, nel deserto, quando ascoltando la necessità degli uomini, rimarrà nel pane moltiplicato e condiviso.