Omelia (16-03-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Marco 9,2-10 Nella narrazione della trasfigurazione ritroviamo i tre testimoni della risurrezione della figlia di Giairo: Pietro, Giacomo e Giovanni. Li troveremo anche nel Getsemani. C'è uno stretto legame tra questi tre episodi. Il primo manifesta il potere di Gesù sulla morte. La trasfigurazione è un'anticipazione della gloria della risurrezione. L'agonia, che è il contrasto totale con i primi due episodi, mostra in qual modo Gesù cammina verso la gloria: accettando di entrare totalmente nelle vedute del Padre (cfr 14,36). Anche qui, come nel battesimo, si fa sentire la voce del Padre che parla dalla nube. Ma questa volta non si rivolge soltanto a Gesù (cfr 1,11), ma ai tre discepoli. Il titolo di "Figlio mio prediletto" che richiama allo stesso tempo la regalità del Messia (cfr Sal 2,7) e il destino del Servo di Dio (cfr Is 42,1), conferma la verità di ciò che Pietro non ha ancora accettato: che la glorificazione del Messia si realizza attraverso la sofferenza. In più, alla rivelazione fa seguito un comando: "Ascoltatelo!". La parola del Padre viene ad appoggiare l'insegnamento di Gesù sulla sua passione e risurrezione. In questa prospettiva, la trasfigurazione appare come l'anticipata manifestazione della gloria di Cristo. Dal racconto della trasfigurazione dobbiamo imparare che solo nella luce della risurrezione si comprende il mistero della croce. La trasfigurazione, e non la sfigurazione, è il punto di arrivo dell'uomo e dell'universo. Il nostro volto non è quello disfatto dallo sfacelo della morte, ma quello trasfigurato della risurrezione. La trasfigurazione corrisponde alla vita nuova che il battesimo ci conferisce attraverso la croce: un'esistenza pasquale, passata dall'egoismo all'amore, dalla tristezza alla gioia, dall'inquietudine alla pace. Sul nostro volto deve brillare il riflesso del volto del Risorto, che è il volto stesso del Padre. |