Omelia (23-01-2022)
padre Gian Franco Scarpitta
Il nostro "amen"

Scrive il profeta Amos: "Il leone ruggisce, chi non temerà? Il Signore parla, chi non profetizzerà?" (Am 3, 8) La Parola di Dio impone che la si ascolti e che la si prenda sul serio, la si assimili, ci si entusiasmi di essa al punto da non poterla tacere, ma di essere sospinti ad annunciarla senza riserve in senso lato. Così anche il profeta che vorrebbe tacere, non può fare a meno di proferirla e sebbene avverta che essa potrebbe costituire un pericolo o un intralcio per lui, non può fare a meno di diramarla a chi ascolta. E' quello che succede al profeta Geremia, che è costretto a parlare nonostante il suo messaggio susciti inimicizie e oltraggi da parte del popolo a cui è rivolto: "Così la parola del Signore è diventata per me motivo di obbrobrio e di scherno ogni giorno. 9Mi dicevo: «Non penserò più a lui, non parlerò più in suo nome!».
Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo."(Ger 20, 7 - 9). La Parola di Dio, quando viene riconosciuta e accolta come tale e non come frivola parola di uomo non può non essere assimilata e soprattutto non può non essere annunciata senza riserve e con convinzione, perché in essa vi è la motivazione, la solerzia, lo sprone che ci invita a non tacere. Proprio perché è Parola divina, che racchiude in se un parlare e un agire (dabar), ci sospinge ad agire in nome di Colui dal quale proviene. Anche per esperienza personale, posso affermare che non c'è missionario o predicatore che proferendo il discorso non abbia avvertito un precipuo senso di inettitudine o di impreparazione che poi però si sia trasformato in coraggio; quando si parla nel nome del Signore lo Spirito non manca mai di sostenerci e di ispirarci ogni parola che noi si debba pronunciare. E' l'efficacia della Parola di Dio in quanto tale, per la quale anche Paolo si sente entusiasmato quando afferma "Proprio per questo anche noi ringraziamo Dio continuamente, perché, avendo ricevuto da noi la parola divina della predicazione, l'avete accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete"(1Ts 2, 13).
Nella liturgia di oggi apprendiamo che "Amen" è la reazione più adeguata che da parte dell'uomo si possa esternare nei confronti della Parola. Tale esclamazione significa "è certo", "è saldo", di conseguenza "è vero" e degno di fede. Proferire questo termine alla fine di ogni colletta o di ogni orazione si esprime l'accoglienza di una realtà astratta o superficiale ma l'adesione vitale a qualcosa che riteniamo vero e consolidato. Così avviene che l'intero popolo, dopo aver ascoltato per l'intera mattinata (dal sorgere del sole fino a mezzogiorno) la proclamazione della legge di Dio da parte dello scriba Esdra e di Neemia il profeta, esclama: "Amen, amen", aderendo con fede incondizionata a quella parola ascoltata che si reputa essere di matrice divina, quindi del tutto coinvolgente e seducente. Accoglie con l'amen la Parola che si fa vita per tutti, perché prima di esclamare "amen" si era colta la veridicità del messaggio, cioè si erano mutate le proprie condizioni e le proprie aspettative per assumere quelle del Signore. Ci si era convertiti.
Anche la parola di Gesù, essendo egli stesso Parola del Padre fatta Uomo, esige il nostro amen determinato e radicato e privo di reticenze. Essa è veramente Parola divina che non potrà mai essere assoggettata ai gusti soggettivi di chi ascolta. Dopo aver letto il brano del profeta Isaia e aver consegnato il rotolo all'inserviente, Gesù proclama agli astanti della sua stessa città che la Parola che hanno ascoltato si è realizzata nella sua persona e commenterà successivamente il loro scettiscismo chiamando in causa allusivi episodi della Bibbia; come vedremo la prossima settimana ciò susciterà lo sdegno e la furia dei suoi ascoltatori che lo apostroferanno e avranno una gran voglia di eliminarlo. Ma Gesù non può esimersi dal dire la verità anche se i suoi connazionali si aspettano un messaggio differente da lui; forse un annuncio familiare da loro compagno di studi o amico di infanzia che asseconda tutti e non infastidisce nessuno.
Lo sdegno e la refrattarietà degli interlocutori di Gesù è l'antitesi dell'amen che lui si aspetterebbe: Gesù comprende che proprio nella sua terra di origine e fra la sua gente viene deprezzato il profeta, per il solo fatto che reca a tutti una parola sconosciuta e tutt'altro che amena. Non si riesce a guardare oltre al consueto e all'abitudinario, ci si limita a osservare del Cristo non il "di più" del Messia Salvatore che mantiene le promesse antiche, ma solamente il figlio di...
Se la Parola conserva la sua efficacia, non sempre il cuore è efficace ad aprirsi per la fede. Non sempre si vuole accogliere la parola come divina perché prevale la devianza dell'umano.
Oggigiorno avviene che la predica del sacerdote rappresenta il tormento dei fedeli, quella parte della funzione religiosa che si vorrebbe evitare o durante la quale sembra consentito uscire dalla chiesa per una sigaretta o leggere i quotidiani in fondo ai banchi, per poi riprendere a seguire il rito quando "la chiacchiera" è terminata. Potrebbe anche trattarsi di una lacuna dell'omileta che non adopera un linguaggio accessibile e inclusivo, ma ascrivere la responsabilità al solo sacerdote può anche trasformarsi in un alibi. Non sempre ci si vuole convincere infatti che la parola del Signore esula da argomenti di comodo o finalizzate ai nostri soli gusti, ma che Gesù è lo stesso ieri, oggi e sempre e la sua Parola va accolta con impegno come Parola sua e non nostra.
Solo la fede può dischiuderci la familiarità con il Signore e con la sua Parola, ma il credere e l'aderire devono comportare un fatto vitale, un radicale cambiamento per un rinnovato impegno di vita che si da' solamente con la conversione, cioè con la reale presa di coscienza che ci si trova non di fronte ad effimeri messaggi tipicamente mondani e caduchi, ma che si viene interpellati direttamente dall'unica Parola eterna di scaturigine divina, la quale non può subire mutamenti, ma che richiede il solo "amen".