Omelia (23-01-2022)
don Luca Garbinetto
Parola, comunità, poveri

Gesù inizia la sua azione pubblica ‘dove era cresciuto' e si presenta come il Servo, inviato a portare a compimento ciò che la Scrittura ha annunciato. L'Assemblea convocata in Israele trova in Lui la pienezza: l'Atteso è venuto, il passato di lacrime del popolo diviene un ‘oggi' di salvezza.

Sono tre le condizioni perché il tempo che passa inesorabile, il kronos, divenga evento salvifico, kairos.


Prima di tutto ci vuole una Parola.

L'annuncio che viene dall'altro, il Verbo pronunciato da Dio fin dalle origini, l'apertura del cuore del Creatore che si rivolge e interpella la sua creatura è necessario e fondamentale. La Parola rompe il silenzio, spalanca spazi di relazione, sollecita un incontro. La Parola che Gesù ha accolto, Egli stesso la proclama nuovamente; la Parola che Egli riconosce come sua: parla di Lui, è Lui stesso. La Parola racchiusa nella Scrittura in realtà schiude il senso dei tempi e della storia di oggi, e diviene opportunità per riconoscersi parte di un progetto più grande, che ci precede e non ci lascia soli.

La Parola è invocazione di comunione. La Chiesa, dunque, nuovo Israele, Assemblea convocata, nasce e vive della Parola, ed ha necessità costantemente che lo Spirito susciti in essa nuovi ‘ministri della Parola', per accoglierla, viverla, annunciarla, come sentinelle di pace e di verità nell'oblio del mondo.


Proprio perché interpella, la Parola ha quindi bisogno di qualcuno che l'ascolti.

Nessuna relazione è individuale: persino Dio ha avuto bisogno dell'uomo, per poter interagire con lui e amarlo. La Parola è annuncio che rimane con il fiato sospeso, fino a che non ritorna una risposta. La Scrittura si compie se ‘voi avete ascoltato': è necessaria una comunità che ascolti, e nel linguaggio evangelico ascoltare è lasciare che operi, è mettere in pratica, è riconoscere una trasformazione che accade. La Parola è efficace e salva se incontra orecchi e cuori che desiderano ardentemente essere salvati.

Anche Gesù ha bisogno del popolo radunato per ascoltare la Parola: e sarà dolorosissimo il dramma del Servo che, inchinato a lavare i piedi con la misericordia che nasce dalla Parola, si scontrerà con la durezza degli animi di uomini e donne che presumono di potersi salvare da soli. La Chiesa è custode della Parola, perché l'ha ricevuta, l'annuncia e trasmette, la manifesta come abito quotidiano dell'esistenza.


Infine, i poveri.

Una comunità che ascolta la Parola si spinge necessariamente verso i poveri, verso coloro che hanno bisogno di liberazione. Per essi è il lieto annuncio portato da Gesù; per essi viene Gesù stesso, la Parola; per essi vive la Chiesa, Corpo di Cristo che continua la sua missione nella storia. Perché chi va dai poveri, arriva a tutti. La Parola che un tempo veniva proclamata dall'alto di un pulpito, oggi deve risuonare dalle periferie dell'umano, dai sobborghi delle città, dai precipizi dell'abbandono, dalle valli della solitudine.

La Parola salva perché sblocca le paure e le resistenze a farsi messaggeri di solidarietà e di riconciliazione. La Parola scuote e libera dalle catene dell'individualismo, e sospinge con potenza di amore verso le prigionie di ogni persona, per condividere l'esperienza di riscoprirsi amati e più umani. Non c'è Parola vera né Chiesa senza l'anelito costante a renderne partecipi coloro che da tutte le altre parole e relazioni sono programmaticamente emarginati.


Parola, comunità, poveri. Un progetto di vita.

È il progetto di vita del Servo, di Gesù, Parola del Padre fatta carne. È il semplice e disarmante progetto di vita del cristiano, chiamato a essere servo come il suo Signore.