Omelia (06-02-2022) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Luca 5,1-11 Le scorse due domeniche abbiamo meditato sulle disavventure - dovremmo forse definirli veri e propri fallimenti - della missione di Gesù: beh, all'inizio, quando non si è ancora padroni del mestiere, e soprattutto non si conosce la gente, si è ingenui, ci si fida troppo di sé,... e può capitare di fare il passo più lungo della gamba, di scivolare su una buccia di banana,...e ci si può fare anche molto male. Col tempo e le batoste, si impara a vivere - me lo diceva tutti i giorni il mio Priore, quando ero ancora fresco di ordinazione, un principiante, un "absolute beginner", come lo chiamano gli americani -. Anche Gesù imparò a vivere, a sue spese... E anche la gente imparò a conoscerlo e a stimarlo. Il Vangelo di oggi suona tutt'altro registro, tutt'altra musica: Gesù è letteralmente assediato da una folla in delirio, e si vede costretto a salire su una barca, prendere il largo mentre la gente si accalca sulla spiaggia. Seduto sulla barca, comincia a insegnare. Piccolo particolare, Gesù non possedeva una barca... faceva il falegname, come suo padre... Allora ne espropria una, chiedendo gentilmente ai proprietari, Simone e Andrea, di interrompere il lavoro, rimettere la barca in acqua e allontanarsi un centinaio di metri dalla riva. I due fratelli lo assecondano, e tutto fila via liscio. Ma ecco il colpo di scena: "Prendete il largo e gettate le reti", ordina Gesù. I pescatori non possono esimersi dall'obbiezione: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla!"; cet a dire: Caro Gesù, non si pesca di giorno, ma di notte; inoltre, stanotte non abbiamo preso un tubo... Ecco un altro caso, chiaro, lampante, di situazione che, umanamente parlando, solleva quantomeno dei dubbi circa le prospettive di riuscita della richiesta di Gesù... Evidentemente il Figlio del falegname di Nazareth aveva altri piani per i due pescatori - poi diventati quattro - che una semplice pesca fuori orario, e dai risultati fuorimisura... e lo rivela loro subito dopo. La pesca è chiaramente un'analogia, certamente felice, ma soltanto una analogia, per insegnare ai presenti - Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni - e anche a noi, che affidarsi alla fede in Cristo non delude mai. Ma la fede non è fideismo! Mi spiego: il fideismo è l'atteggiamento - lasciatemelo dire: miope, becero, e anche un po' idiota! - di chi, in nome di una presunta fede in Dio, incrocia le braccia, smette di agire... tanto, se Dio c'è, farà Lui, anche la nostra parte... e Lui, DIO, sa quel che fa, e lo fa meglio di noi! Il fideismo si può manifestare in ogni questione importante della vita umana: dalla cura di una malattia - lo metto in cima alla classifica, visto che siamo in piena pandemia! -, alla lotta contro le disuguaglianze sociali, alla ricerca di un lavoro, ai rapporti sessuali non protetti,... Il fideista è come chi crede nel destino. Il fideista è un ignorante; e, quel che è peggio, dà ragione ai detrattori della fede, i quali sono convinti che credere in Dio significhi rinunciare alla propria dignità, ai propri diritti, alle proprie capacità, alla propria libertà, etc. etc..... Non è così! Il Vangelo di oggi lo dimostra: prima di annunciare che i pescatori sarebbero diventati apostoli, il Signore ordina loro di rimboccarsi le maniche e la tunica, prendere il largo e gettare le reti. La pesca miracolosa, apparentemente, non ha nulla di miracoloso... La fatica di prendere il largo, gettare le reti e issarle in barca dopo la pesca, non la fa Gesù, la fanno gli uomini. Domenica scorsa ho ricordato la vicenda della moltiplicazione dei pani e dei pesci: prima di operare il miracolo, il Signore chiese ai suoi collaboratori di darsi da fare per reperire tutto il cibo disponibile; quelli portarono un canestro con cinque pani d'orzo e due pesci; Gesù lo prese tra le sue mani, rese grazie, spezzò pani e pesci, e li ritornò ai Dodici, affinché li distribuissero alla gente. Dio e l'uomo lavorano insieme, ciascuno con le sue capacità, ciascuno con la sua competenza,... La materia prima di questo lavoro a quattro mani è una sola: l'umano. Ecco perché Gesù annuncia ai quattro (primi) apostoli: "Vi farò pescatori di uomini!". Avete appena ascoltato la storia di una vocazione; la storia di ogni vocazione: non si tratta di smettere di fare il pescatore, o l'ingegnere, o il medico, o l'operaio, o l'insegnante, o il contadino... E' vero che la pagina di oggi si conclude sulla scena dei quattro che, trascinate le barche a terra, lasciano tutto e seguono il Maestro; personalmente non credo che abbiamo abbandonato del tutto la loro professione; al cap.21 del suo Vangelo, Giovanni scrive che (dopo i fatti della passione) Pietro tornò a pescare... Quello che intendo dire è che, per essere testimoni del Cristo risorto, non è necessario farsi prete o entrare in convento, a meno che questa non sia la propria vocazione. Si può vivere la personale scelta di fede, collaborando con i propri talenti, con la propria competenza lavorativa, artistica, intellettuale, manuale, all'opera che Dio sta conducendo a favore dell'uomo, fin dai giorni della creazione. Un ministro di culto non è migliore di un contadino, o di un funzionario di banca, o di un amministratore pubblico; quando l'attenzione rimane puntata sulla persona, e non sul prestigio individuale, sull'utile economico, sulla carriera, sui meriti acquisiti, sui privilegi maturati,... ogni mestiere può rivelarsi una buona mano donata a Dio, affinché porti a compimento l'opera della salvezza da Lui iniziata. |