Omelia (02-02-2022)
Monaci Benedettini Silvestrini
Guarigione dell'emorroissa e risurrezione della figlia di Giairo

Nei precedenti capitoli abbiamo visto come Gesù abbia manifestato la sua superiorità sulle forze naturali e sui demòni. Nel vangelo odierno invece, con questi due prodigi, emerge ancora la sua potenza sanante, sulle malattie e sulla morte. Facendo un piccolo parallelismo tra i due miracoli, mi pare abbiano elementi in comune. Uno per tutti: i dodici anni della fanciulla miracolata corrispondono addirittura ai dodici anni della malattia della donna. In questa bella pagina di oggi, l'accento in entrambi i casi è posto sull'esigenza di una fiducia totale nell'azione di Dio. Infatti il miracolo è frutto della fede. Ovviamente, come quella (la fede) del capo della sinagoga, Giairo, anche se sottoposta alla prova: non disturbare oltre il maestro, è morta ormai, non c'è più nulla da fare. Ma anche la fede dell'emorroissa: "se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata". Colpisce anche la nostra sensibilità il fatto che casi come questi nella cultura di allora erano considerati causa dell'impurità religiosa, perché chi toccava il sangue o un morto, come anche chi toccasse un lebbroso, veniva escluso dalla comunità fin alla sua purificazione. Ma Gesù trascende queste le leggi, proprio con il contatto, guarisce la donna e risuscita la figlia di Giairo, perché prende su di sé l'umana sofferenza e la sua umiliazione. Effettivamente qui si realizza la profezia di Isaia quando dice: "Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti". Questa è una grande rivoluzione, la rivoluzione della compassione. Impariamo da Gesù!