Omelia (31-01-2022)
Monaci Benedettini Silvestrini
L'indemoniato di Gerasa

In questo brano di oggi emergono tanti spunti su cui riflettere. Intanto il brano segue quello del racconto della barca in balia della tempesta del mare. Eccoli finalmente sull'altra riva, espressione che ricorre come aggancio in Marco. Probabilmente Gergesa fu sostituita con Gerasa, per sottolineare il significato missionario dell'episodio. Però che incontro! Nel linguaggio biblico, il territorio pagano, i sepolcri, l'allevamento dei porci sono elementi che esprimono la lontananza di un popolo da Dio, sono luoghi dell'impurità, in cui il male fa legge; è il simbolo del mondo lontano, pagano... un mondo che non conosce Dio, in preda quindi del male. Infatti dice il testo non si tratta di un demonio ma di una legione, una moltitudine di demòni, un mondo invaso dal male. "Che c'è fra me e te, Gesù, figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro per Dio, non tormentarmi!" Colpisce e fa impressione questa dichiarazione dell'indemoniato perché rivela perfettamente l'identità divina di Gesù. Lo sappiamo, la conoscenza del nome di una persona implica per la mentalità orientale una conoscenza profonda ma con ciò anche un potere magico su di essa. Vive fra i sepolcri, l'indemoniato. Nulla gli dà pace, nessuno riesce a sedarlo: urla e grida, si percuote con pietre, si fa pure del male. Cosa possiamo ritenere da questo dettaglio? È chiaro che Marco ci fa capire che l'accusarsi di ogni empietà non fa neanche piacere a Dio e fa sprofondare ancora più nell'abisso. Quanti ne conosciamo di soggetti così! Sempre in agitazione, insoddisfatti di ciò che sono. Purtroppo come lo attesta questo brano, l'esperienza del male ci allontana non solo da Dio ma anche dagli altri, ci abissa pian piano nella solitudine. Alla luce del vangelo di oggi vediamo che solo il Signore ci può liberare, se davvero ci apriamo a Lui e lasciamo andare i pensieri negativi che purtroppo sono sempre devastante e talvolta ci costringono a fare ancora più male.