Omelia (13-02-2022) |
padre Antonio Rungi |
Nella beatitudine, ma a rischio di guai La parola di Dio della sesta domenica del tempo ordinario ci porta a riflettere su tanti aspetti della vita cristiana e come impegnarsi seriamente a corrispondere in pienezza alla chiamata alla santità universale. A partire dal Vangelo di Luca, con Gesù facciamo anche noi un un'esperienza di ascolto e di impegno. Gesù viene presentato in un luogo pianeggiante, dove era disceso con i suoi dodici discepoli. In questo luogo, non precisato da San Luca, leggiamo nel vangelo che c'era una grande folla di suoi discepoli e soprattutto è evidenziato che era presente una grande moltitudine di gente proveniente dalla Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tito e Sidone. Due gruppi distinti di ascoltatori. Chi lo conosceva già Gesù e chi per la prima volta incontrava il suo sguardo. Davanti a questo spettacolo di una moltitudine di persone che vogliono ascoltarlo, toccarlo per essere guariti dalle varie infermità, Gesù tiene il suo discorso. In quel suo dire, troviamo gli stessi argomenti, che san Matteo riporta nell'altrettanto, e sicuramente meglio conosciuto discorso della montagna. Si tratta del discorso delle beatitudini. San Luca le sintetizza in quattro principali categorie di persone più esposte alla sofferenza e al dolore (i poveri, gli affamati, quelli che piangono) e soprattutto coloro saranno messi al bando, verranno insultati e disprezzati, o classificati come infami, a causa del Figlio dell'uomo. Su tutte queste sofferenze e problematiche si erge forte e prepotente la ricompensa del cielo. Se da un lato Gesù coglie l'occasione in questo discorso della pianura per esaltare quanti vivono in coerenza con il vangelo e il suo insegnamento; dall'altra condanna senza mezze misure quelli che sono in opposizione netta con la legge dell'amore, della carità, del dono e della solidarietà. Non a caso vede guai per chi è ricco, per chi è sazio di tutto e non solo del cibo, per coloro che ridono, ma non hanno la vera gioia nel cuore, per coloro che sono esaltati ed osannati o che si autoesaltano per evidenziare la loro superiorità sugli altri, il loro potere incontrastato. Per tutti costoro c'è un giudizio della storia e soprattutto di Dio. Gesù non è indifferente, m consola, rincuora, promette e rimprovera. Quattro promesse di felicità, quattro rimproveri per coloro che non vivono con il pensiero rivolto a Dio e al cielo. Nel trasmettere queste parole di Gesù, Luca sta, sicuramente, pensando alle comunità del suo tempo, verso la fine del primo secolo. Vi erano ricchi e poveri, c'era discriminazione contro i poveri da parte dei ricchi, discriminazione che marcava anche la struttura dell'Impero Romano. Non è tenero neppure con altri soggetti a rischio di perdizione. Il discorso della pianura, Gesù lo fa, dopo aver pregato durante la notte. Non resta sul monte, ma scende a valle, per incontrare e dialogare, per essere vicino e non distante, per aiutare e non lasciare a se stessi chi lo cerca e desidera toccarlo, per far fare a tutti, discepoli e stranieri, un cammino di vera fede, speranza e carità. In altri termini, Luca presenta Gesù con il volto del Maestro che va incontro ai poveri, ai miseri, e sana le loro ferite con il balsamo dell'amore e della misericordia. Gesù si fa nodello e punto di riferimento per sviluppare il suo discorso di docente del vero amore che viene dal cielo. Scende, infatti, sulla terra, nel mistero dell'incarnazione, per ritornare nuovamente in cielo, dopo la sua morte, risurrezione e ascensione e ordina di amare addirittura i nemici. Il vero amore non può dipendere da ciò che riceviamo dagli altri, ma da ciò che siamo capaci di donare. L'amore deve volere il bene dell'altro indipendentemente da ciò che l'altro può fare e fa per me. L'amore è trasmettere gioia e comunicare un sano umorismo che si alimenta in un cuore pieno d'amore di Dio e dei fratelli.
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