Omelia (19-11-2005)
Monaci Benedettini Silvestrini
Maestro, hai parlato bene

Quando Gesù si trova a parlare delle realtà umane trova sempre l'ammirazione di chi gli sta intorno. Parlare dell'uomo e quanto gli sta intorno non significa limitare l'argomento alla sua realtà biologica e temporale. Per parlare in maniera efficace dell'uomo bisogna parlare di Dio; per parlare della vita bisogna parlare del Dio dei vivi. Ecco perché quello che dice Gesù risulta così convincente anche su argomenti che alla nostra comprensione risultano difficile e quasi incomprensibili. Gesù è messo alla prova con una sottile questione giuridica che riguarda i nostri rapporti nella vita che ci aspetta quando la nostra parentesi terrena sarà finita. La gloria in Dio ed essere immersi nel suo amore certamente travalica ogni schema e rapporto umano. Nella vita in Dio, nella sua completa rivelazione, che ci sarà donata in abbondanza, trovano posti tutti gli amori umani, rivestiti di nuova luce e forza. Le nostre relazioni umane troveranno tutte la stessa fonte; saranno tutte dirette ad un unico Amore che assorbirà e completerà tutto e tutti. Non vi potranno essere distrazioni e non saranno possibili esclusioni. La fonte di ciò è proprio l'amore di Dio. La sua rivelazione completa sarà allora immutabile; la nostra temporalità sarà trasfigurata in Dio con una scintilla del suo Eterno; noi saremo vivi perché sempre in relazione con il Dio vivo dei vivi che è fonte inesauribile e mai prosciugabile. Il cibo che permetterà la nostra vita sarà un cibo per la vita eterna; avremo l'acqua che disseterà per sempre. Ci siederemo a quel pozzo al quale Gesù aveva invitato la Samaritana. Gesù è chiaro: la nostra fede nella resurrezione si basa sulla nostra fede in Dio; del Dio vivente la cui gloria, diceva sant'Ireneo è l'uomo vivente. Vita e morte non sono più categorie che riguardano il nostro essere «naturale» ma il nostro rapporto con Dio, che è la nostra meta «naturale».