Omelia (06-03-2022) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Luca 4,1-13 È cominciata la Quaresima: un tempo di riflessione sul mistero pasquale, un tempo di penitenza; un tempo di riconciliazione, un tempo di ripartenza,... E, come il Figlio di Dio dovette misurarsi con le tentazioni, tutte le tentazione possibili - sostanzialmente: l'attrattiva dei beni materiali, il fascino del potere politico, l'evasione illusoria e fatale di una religione disincarnata -, anche noi dobbiamo misurarci con le nostre fragilità. Lo ripeto, questo tempo forte può rivelarsi una opportunità preziosa per intuire quali sono i meccanismi psicologici, emotivi, spirituali, che ci inclinano a cedere e lavorarci su. Le tre tentazioni raccontate da Vangelo sono assai sottili, è facile scambiarle per altrettanti passi "sulla via di Dio", dunque momenti, situazioni, atteggiamenti per nulla contrari alla fede. Provo a spiegarmi. La prima proposta del diavolo scaturisce dalla fame di Gesù: dopo così tanti giorni di digiuno, anche il Figlio di Dio, vero uomo oltre che vero Dio, sentiva un bisogno feroce di cibo; conoscendo i suoi poteri straordinari, poteri che avrebbe usato per guarire i malati, risuscitare i morti, salvare una festa di nozze, sfamare migliaia di persone,... questi poteri si sarebbero potuti rivelare una via di uscita, una soluzione anche per Lui. Che male c'era ad usarli per trasformare le pietre in pane e sfamarsi? La seconda tentazione fa riferimento allo specifico dell'umano, la (nostra) innata superiorità rispetto a tutte le creature: intelletto, volontà e libertà fanno di noi gli esseri viventi più progrediti, addirittura l'immagine stessa di Dio. È forse un peccato agire di conseguenza? Non solo, queste facoltà abilitano la persona a salire i gradini successivi della società, su, su, fino in vetta... Abbiamo appena vissuto i giorni delle elezioni del nostro Presidente della Repubblica: la civiltà possiede la sua logica, le sue regole del gioco... Infine, la tentazione del potere religioso: così come la presenta il diavolo - ma sappiamo che è mentitore di nascita - non c'è nulla che contrasti con la fede, intesa nel suo più genuino e autentico significato. E per dar credito alla sua parola, il diavolo cita la Scrittura, precisamente il Salmo 91: "Tu, che abiti al riparo dell'Altissimo e dimori all'ombra dell'Onnipotente, dì al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza, mio Dio, in cui confido». Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede...": se non fosse che questo modo di usare la Parola di Dio è una vera e propria strumentalizzazione "ad usum delphini", nota espressione latina, usata in senso spregiativo per denotare la manipolazione di notizie, informazioni, documenti a vantaggio del soggetto - nella fattispecie, il diavolo -. La fede, come la presenta il Tentatore, in verità è una sfida lanciata a Dio, che sottende addirittura il dubbio della fede: "Se Dio esiste - dice il diavolo - puoi tranquillamente buttarti dal pinnacolo del Tempio... Dio non permetterà che ti accada nulla.". Questa non è fede! al massimo è fideismo, ma su questo tema abbiamo già trattato non molte domeniche fa. Per non parlare del potere sulle coscienze esercitato da parte di un capo religioso, in nome della fede, della quale costui si è fatto interprete, garante e mediatore. Purtroppo, il potere temporale e spirituale di alcuni alti rappresentanti delle principali confessioni religiose - mica solo il Cristianesimo! -, emerge dalle pagine di storia sacra e non sacra, che non possiamo dimenticare. Ci servano da lezione! L'ultimo insegnamento che ci offre il Vangelo di oggi è che il Tentatore non si arrende mai: "Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.": sappiamo che il momento fissato è la notte del Getzemani, quando il figlio del falegname su tentato di abbandonare la missione ricevuta dal Padre sottraendosi all'arresto: "Padre, se è possibile, passi da me questo calice.". Non lo fece. Ci sarebbe stata ancora una tentazione, l'ultima davvero - il diavolo non si arrende! -: scendere dalla croce. Bene la rappresentò il famoso regista Martin Scorsese, nel capolavoro del 1988, "L'ultima tentazione di Cristo"... dove uno straordinario Willelm Dafoe, nei panni del Nazareno, ormai agonizzante sulla croce, sorride compiaciuto ad un giovinetto biondo, che lo esorta a scendere, ora che tutti, ormai, avevano visto l'epilogo della vicenda... Non lo fece. Ecco, ogni volta che cediamo ad una tentazione - ciascuno ne ha almeno una, cui fa molta fatica a resistere -, noi cediamo alle lusinghe del diavolo e voltiamo le spalle al Signore. Il Battesimo ricevuto, e con esso, la forza dello Spirito Santo, lo stesso che era disceso su Gesù e lo aveva spinto nel deserto, non ci preserva dagli ostacoli, dalla fatica di perseverare, dalle cadute anche gravi e dolorose. La grazia dello Spirito Santo rappresenta la memoria della nostra dignità: siamo figli di Dio, creati a Sua immagine e somiglianza. Questa consapevolezza può funzionare da deterrente per non cedere alla tentazione, per non fuggire dalla fede, per resistere dal commettere un errore del quale ci pentiremo... dopo. |