Omelia (21-03-2003)
padre Lino Pedron
Commento su Matteo 21,33-43.45

Gesù interpella di nuovo i capi del popolo facendo loro capire che è il momento dei frutti, il momento nel quale Dio chiede conto della sua vigna. L'applicazione è chiara: dopo aver rifiutato i profeti, i responsabili d'Israele possono ancora cogliere l'ultima occasione per pentirsi: accogliere il Figlio, l'erede. La parabola presenta la morte del Figlio come un crimine premeditato.

Dopo aver chiesto ai suoi interlocutori di tirare essi stessi le conclusioni della parabola (nel senso di Is 5,5-7), Gesù rende esplicito il loro giudizio. A chi sarà tolto il regno di Dio? Non a Israele, rappresentato dalla vigna, ma ai sommi sacerdoti e ai farisei, i quali "capirono che parlava di loro" (v.45). E a chi sarà dato questo regno? "A un popolo che lo farà fruttificare" (v.43). Per Matteo si tratta ancora di Israele, ma trasfigurato attraverso la presenza del Cristo risuscitato che adempie l'alleanza di Dio con gli uomini e fa loro produrre i suoi frutti.

I servitori mandati dal padrone della vigna sono i profeti. Ricordiamo due passi dell'Antico Testamento: "Il Signore inviò loro profeti perché li facessero ritornare a lui. Essi comunicarono loro il proprio messaggio, ma non furono ascoltati" (2Cr 24,19); "Da quando i vostri padri uscirono dal paese d'Egitto fino ad oggi, ho mandato a voi in continuazione tutti i servitori, i profeti. Ma non fui ascoltato e non mi si prestò orecchio; anzi rimasero ostinati e agirono peggio dei loro padri" (Ger 7,25-26). Neemia 9,26 constata in sintesi: "I tuoi profeti li ammonirono, ma essi li uccisero e commisero grandi iniquità".

Il Messia umiliato e ucciso diventerà, dal giorno della sua risurrezione, la pietra angolare della Chiesa, il suo fondamento incrollabile.

Fin dall'inizio la parabola ha richiamato la nostra attenzione sui frutti. I frutti del regno di Dio coincidono con la fedeltà nell'amore attivo, che è la sintesi della volontà di Dio. Alla fine il giudizio sarà in base ai frutti dell'amore fedele e attivo e non sull'appartenenza a Israele o alla Chiesa.