Omelia (13-03-2022)
padre Gian Franco Scarpitta
La croce, tappa necessaria

"Abramo credette e gli fu accreditato come giustizia"(Gen 15, 6), cioè questa fede lo rese giusto e meritevole davanti a Dio. Il patriarca grazie al quale ci sentiamo in comunione con i fratelli Ebrei avrebbe infatti potuto anche dubitare delle parole del Signore, che gli aveva promesso una benedizione che si sarebbe verificata tantissimi anni dopo, quando lui non ci sarebbe stato: una discendenza vastissima quanto le innumerevoli stelle del cielo e una terra immensa dal Nilo fino al fiume Eufrate. In più questa benedizione avrebbe provocato che i suoi discendenti avrebbero sofferto per oltre 400 anni succubi e schiavi degli Egiziani e avrebbero recuperato questa terra promessa solo dopo un lungo peregrinare nel deserto. Abramo appunto di fronte a tante previsioni divine avrebbe anche potuto usare refrattarietà, e invece credette. Ebbe fede, apertura disinvolta e fiduciosa nei confronti di Colui che si era già mostrato il suo sostegno e questa disponibilità di fede lo rassicurerà sul suo futuro, anzi gli farà avere già adesso un saggio dell'avvenire glorioso.
La fede è "il fondamento delle cose che si sperano, la prova di quelle che non si vedono"(Eb 11, 1), e infatti ci fa vedere in anticipo quello che i sensi vedranno a tempo opportuno. Credere permette che godiamo già sin d'ora di ciò che è oggetto di speranza e di attesa, consentendo che guardiamo sempre in avanti, senza distogliere lo sguardo dall'obiettivo. La fede in Dio condusse Abram a persistere nell'implementare il progetto di Dio su di lui, a non demordere per poterlo attuare e a non soccombere agli ostacoli e alla negativa.
Proprio questo è il periodo nel quale avvertiamo la necessità di essere sostenuti, motivati e sospinti in avanti, mentre gli eventi catastrofici e demoralizzanti della guerra russo ucraina vorrebbero condurci verso il baratro della disperazione e dello scoramento.
Non abbiamo ancora metabolizzato il dramma del coronavirus che un altro assillo ci sta deprimendo: la cronaca di tante donne e bambini innocenti costretti a fuggire in preda al panico e fra mille pericoli. Quando tornerà la stabilità dentro e fuori di noi? Quando la speranza porterà a compimento il suo percorso, perché la croce si tramuti in gloria?
Non lo sappiamo, ma siamo certi che Dio ci sostiene e ci invita a confidare nell'avvenire, a vivere il presente proiettati verso il futuro e sul monte della trasfigurazione ci da un preludio di questa stessa gloria, perché non cediamo alle lusinghe della resa e della disperazione, ma perché continuiamo a marciare verso il successo senza considerare gli ostacoli oltre misura.
Gesù prende con sé proprio Pietro, Giacomo e Giovanni, che poi parleranno di questa esperienza come veritiera e credibile e sulla cima del monte dimostra loro tutta la sua grandezza e magnificenza. Si mostra nella sua grandiosa fattezza divina, come colui di cui parlavano ab ovo la Legge e i Profeti (Mosè ed Elia) e che adesso costituisce l'acme di tutto l'Antico Testamento: come il Messia promesso e adesso rifulgente, il quale dovrà però manifestare appieno il suo massimo splendore della gloria dopo lo strazio della morte sulla croce. "La nostra patria è nei cieli" dice Paolo (Fil 3, 20- 21) ma perché i cieli possano essere raggiunti è necessario transitare per la terra senza mai disdegnare la tappa obbligatoria della croce
I tre apostoli, prima incapaci di penetrare nel mistero di Gesù, adesso ne sono avvinti e catturati e se ne entusiasmano perché è il Mistero stesso di Dio fatto uomo che si offre a loro. Soprattutto Pietro comprende tuttavia che questa gloria è solo consequenziale della tappa necessaria della croce e che è necessario entrare a Gerusalemme per la via dolorosa se si vuole perseguire l'obiettivo della vita piena che emerge dalla speranza. Intanto di questo ideale vivono un preambolo c
In sintesi, per ogni obiettivo da raggiungere occorre lottare, soffrire e non arrendersi ma soprattutto non distogliere mai lo sguardo dall'obiettivo stesso, affinché il cammino venga alleggerito dai suoi gioghi. Per la sola ragione del viaggio, viaggiare.