Omelia (10-04-2022)
mons. Roberto Brunelli
Tre parole prima di morire

La domenica delle Palme, che si celebra oggi, introduce alla Pasqua con entrambe le sue facce. La prima è quella che le dà il nome, con la benedizione e la distribuzione dei rami di palma o d'ulivo, per ricordare il trionfale ingresso di Gesù a Gerusalemme, accolto da una folla festante con l'agitare appunto le fronde allora disponibili.
L'altra faccia anticipa il racconto di quanto poi si celebrerà lungo la settimana: seguendo gli ultimi atti della vicenda terrena di Gesù, giovedì si fa memoria della sua ultima Cena, un evento complesso che comprende il tradimento di Giuda, la lavanda dei piedi agli apostoli (in varie chiese compiuta anche in forma fisica, col sacerdote che lava i piedi a dodici persone, rappresentanti appunto gli apostoli) e soprattutto l'istituzione dell'Eucaristia, nonché del sacerdozio che la rinnova a beneficio di tutti i fedeli. Venerdì si ricordano le indicibili sofferenze della Passione (Gesù processato, flagellato, coronato di spine, condotto al calvario portando la croce, crocifisso, agonizzante) seguita dalla morte e dalla sepoltura; e sabato, dopo tutto un giorno di silenziosa attesa, al calare della notte si celebra la veglia in attesa della Risurrezione.
La parte preponderante del lungo passo evangelico di oggi è data dal racconto della Passione, quest'anno nella versione secondo Luca. Nel racconto ogni evangelista presenta particolari propri, scegliendo da una tradizione molto articolata quegli aspetti che meglio rispondono ai propri intendimenti. Luca, ad esempio, è il solo a riferire che prima dell'arresto nell'orto degli ulivi Gesù, consapevole di quanto stava per accadere, visse un'agonia tanto angosciante da fargli sudare sangue. La circostanza rende poi di grande rilievo le (comprensibilmente poche) parole pronunciate da Gesù in croce, tre delle quali sono riportate proprio da Luca: brevi frasi, sulle quali non si riflette mai abbastanza.
La prima frase è riferita a quanti lo stavano inchiodando al legno: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno". Quale sublimità! Coerente sino all'ultimo con quanto aveva insegnato, Gesù offre qui il massimo esempio dell'amore. Viene da chiedersi se noi che ci riteniamo suoi discepoli sappiamo fare altrettanto; se, pur ben lontani dall'essere crocifissi, sappiamo sempre perdonare le offese ricevute.
La seconda frase è rivolta al cosiddetto buon ladrone: "Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi! L'altro invece rimproverava il compagno dicendo: Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male. E disse: Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno. Gli rispose: In verità io ti dico: oggi sarai con me nel paradiso". Parole dette a un brigante, che all'ultimo ha avuto fede in lui; ma parole rivolte anche a chiunque, consapevole dei propri peccati, come il "buon ladrone" si rivolge all'unico che li può cancellare e gli apre le porte della sua casa.
La terza frase di Gesù in croce è costituita dalle ultimissime parole, pronunciate prima di spirare: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito". Nell'apice della desolazione egli non ha perso la fiducia, guarda oltre il momento presente, sa di poter contare sull'infinto amore del Padre. Quel Padre, come egli ha insegnato, che è suo e anche nostro: c'è da chiedersi se noi, che non saremo mai tanto desolati quanto lo è stato lui in croce, abbiamo fiducia, sappiamo guardare oltre, viviamo nella consapevolezza che il Padre suo è anche il Padre nostro.
Padre, perdona loro... Sarai con me nel paradiso... Padre, mi consegno nelle tue mani... Tre frasi, più che eloquenti. Il Figlio di Dio ha condiviso la nostra umanità; ha insegnato come darle senso e valore, e lui per primo, quegli insegnamenti li ha messi in pratica.