Omelia (10-04-2022) |
diac. Vito Calella |
Il dono gratuito del perdono per la comunione mai infranta di Gesù con il Padre Nel racconto delle tentazioni, l'evangelista Luca aveva scritto che «il diavolo si era allontanato da Gesù per tornare al momento fissato» (Lc 4,13b). Questo "tempo fissato" è l'ora della sua passione e morte in croce. È un tempo di prova sia per Gesù che per i suoi discepoli. Nel contesto della cena pasquale abbiamo ascoltato le parole di Gesù rivolte a Pietro: «Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,31-32). La grande tentazione che Gesù dovette affrontare fu quella di essere fedele nella sua scelta di rimanere unito al Padre, obbedendo alla sua volontà, fino all'ultimo respiro della sua vita. Non è stato facile per lui perseverare in questa comunione, perché quando è stato inchiodato alla croce sembrava che tutta la sua missione fosse stata un fallimento. Gli evangelisti Marco e Matteo, nel raccontare gli ultimi istanti della vita di Gesù crocifisso, hanno ricordato la testimonianza su Gesù che aveva pregato con le parole del Salmo 22,1, esprimendo il grido dubbioso dell'abbandono del Padre: «Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15.34b = Mt 27.46b). La consegna fiduciosa di Gesù crocifisso nelle mani del Padre L'evangelista Luca non mette nella bocca di Gesù questo grido di abbandono del Padre, ma il grido consegna fiduciosa a Lui, rimanendo unito nella comunione fino all'ultimo respiro della sua vita terrena. Luca fece pronunciare a Gesù le parole del Salmo 31:6: «Gesù gridò a gran voce: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito!" Detto questo, spirò» (Lc 23,45b). Per l'evangelista Giovanni il momento della morte di Gesù sulla croce è già l'inizio del dono gratuito dello Spirito Santo a tutta l'umanità. Lo stesso amore gratuito che unisce il Padre al Figlio diventa la nuova legge dell'Amore divino effuso nei cuori dell'umanità affinché si realizzi la nuova ed eterna alleanza: «Dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: "È compiuto!". E, chinato il capo, consegnò lo Spirito» (Gv 19,30). La tentazione di dubitare dell'abbandono del Padre al momento della sua morte in croce è stata vinta dalla perseveranza della sua comunione con Lui fino all'ultimo respiro, nonostante il contesto di sofferenza e di apparente sconfitta di tutta la sua missione. In tutta la sua attività pubblica di predicatore e anche attraverso i suoi miracoli, Gesù aveva annunciato la venuta del regno del Padre: regno di amore e giustizia, regno del rispetto e dell'inclusione dei poveri e dei sofferenti, regno del riscatto della dignità umana e del divina figliolanza di ogni essere umano. Ma nel momento in cui soffriva la passione e la morte, era veramente «affamato e assetato della giustizia del regno del Padre» (Mt 5,6), era totalmente «perseguitato a causa della giustizia del regno del Padre» (Mt 5,10). Tuttavia, Gesù non perse la speranza che quella morte ingloriosa e quella resa nel vuoto di ogni evidenza di vittoria non sarebbe stata la fine di tutto, ma "la porta stretta" da attraversare per la salvezza dell'intera umanità. La forza della comunione di Gesù con il Padre, fino alla morte in croce, nella visione dell'evangelista Luca, si è manifestata come perdono a favore di tutta l'umanità. Come tale, essa continua a portare il pesante fardello di molteplici azioni egoistiche, che generano conflitti, guerre, divisioni, ingiustizie, abusi contro la dignità umana e distruzione degli equilibri naturali. Il vangelo del perdono La scena luminosa della salvezza donata al malfattore, crocifisso accanto a Gesù, avvenuta negli ultimi istanti della sua vita, appartiene solo all'evangelista Luca. Quel delinquente caricava nella sua coscienza il peso del ricordo di un'esistenza bruciata da tante cattive scelte e azioni conseguenti. Ma confidò in Gesù, credette che la sua morte non sarebbe stata la fine di tutto, e gli disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,42-43). Appartiene soltanto all'evangelista Luca la preghiera profonda di Gesù al Padre, implorando perdono per tutti i responsabili della sua morte in croce: «Padre, perdona loro! Perché non sanno quello che fanno!» (Lc 23,34). Il perdono è la massima manifestazione della gratuità dell'amore divino per noi. Il racconto della passione di Gesù Cristo ci faccia conservare nel cuore e nella mente la fedeltà di Gesù nella comunione con il Padre e la buona novella del perdono raggiunga ciascuno di noi, rendendoci artefici di pace nelle nostre relazioni, come Stefano, che, guidato dallo Spirito Santo, imitò il Cristo, Signore della sua vita. Come ci attesta la testimonianza di Atti degli Apostoli: «E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: "Signore Gesù, accogli il mio spirito". Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: "Signore, non imputare loro questo peccato". Detto questo, morì» (At 7,59-60). |