Omelia (14-04-2022) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Quintino Venneri Porta d'ingresso del Triduo pasquale, memoria e icona della passione, morte e risurrezione del Signore Gesù, nella liturgia del giovedì santo sostiamo dinanzi a tre scene, che raccontano movimento, dinamicità, cammino, esodo. Nelle istruzioni date dall'Altissimo a Mosè e a suo fratello Aronne (I lettura), il Signore chiede che la cena venga consumata con i sandali, in piedi, con i fianchi cinti, il bastone in mano. È una cena ma ha i segni della partenza. Si invita a mangiare e, contemporaneamente, si profetizza il compimento di una promessa antica. Si sta nelle case ma con un piede sulla porta; l'agnello arrostito in una mano e, nell'altra, i pochi oggetti personali raccolti in un panno trasformato in una valigia d'occorrenza. C'è fretta in questa cena; un'urgenza che spinge il lettore. Stai leggendo e ti senti sospinto a partire pure tu. Come quando nelle grandi città, nelle metropolitane sotterranee, sei trascinato dagli altri che camminano e corrono insieme con te. Non si poteva più aspettare quella sera. Stava per accadere qualcosa di nuovo; qualcosa che tutti aspettavano da tempo ma che nessuno sapeva più definire. Succede sempre così quando Dio interviene: non puoi stare fermo; Egli è l'Inizio; l'Alfa e l'Omega (cfr. Ap 21,6); è la sorgente, colui che fa iniziare le cose, né è il principio. Sempre, nella vita, quando qualcosa ti mette in movimento, ti fa camminare, ti fa esodare, senti che ti sposta dentro, ti disloca, sempre in quel movimento puoi scorgere il movimento di Dio che sta venendo a liberarti. Quella sera, quella cena era il preludio del cammino di un intero popolo, di una carovana variegata e disomogenea di uomini, donne e bambini. Dio stava per liberare il suo popolo dando inizio ad un viaggio, un esodo, una Pasqua per l'appunto, verso la terra promessa, una terra dove scorre il latte della libertà e il miele della vita. Anche Paolo racconta di un movimento (II lettura). Alle sorelle e ai fratelli di Corinto, egli consegna, trasmette tutto ciò che a sua volta aveva ricevuto, ovvero lo stesso Signore Gesù, i gesti e le parole che hanno sigillato quell'ultima notte, la notte del tradimento, la notte delle incomprensioni. La notte del tradimento e delle incomprensioni rese fioriture di dono, gemme di oblazione, crocevia di amore. Ha donato, Paolo. Si è messo in cammino verso le comunità che lo aspettavano. Il viaggio di Dio nella sua vita è diventato le migliaia di chilometri percorsi per incontrare le comunità. Ha reso la sua vita un'offerta, senza calcoli, senza aspettative di contraccambio, rompendo la logica della contropartita. Ha fatto dei suoi giorni un cammino verso la fame di cielo e di terra dei suoi fratelli e delle sue sorelle. Ha camminato Gesù. Anche lui si è mosso. Nella luce tenebrosa di un tardo pomeriggio di un aprile di tanti anni fa, in una sala ben apparecchiata al I piano, il Maestro e il Signore ha compiuto anch'Egli un movimento. Sono verbi che hanno fatto la storia; hanno plasmato il passato, forgiano la vita di tanti nel presente. Si alza, il Maestro. Si leva le vesti, si cinge di un asciugatoio, prende un catino e si abbassa verso i piedi dei suoi fratelli nella fede (cfr. Gv 13,4ss). Si abbassa: il più divino tra i movimenti di Dio. Si china, si piega, Lui, il Servo-Maestro, il Maestro-Servo. Si è mosso: senza motivo; nessuno gli aveva chiesto niente; nessuno dei presenti aveva accennato alcunché; è un gesto impregnato della libera iniziativa di Dio che sempre precede, dà inizio, che fa accadere le cose, le suscita, le attende, le aspetta. Cosa ci consegna il giovedì santo? Noi, frequentatori abituali del tempio di Dio potremmo e possiamo rispondere in tanti modi. Tutti veri, tutti giusti, tutti santi. Ma dietro le cose di sempre che sappiamo, che ci hanno detto fin da quando eravamo bambini, dietro, dentro e oltre tutto questo, oggi, in questa santa e tragica notte, viene messo nelle nostre mani il Dio di Gesù che è il Dio che si muove, non solo il Dio-con-noi ma il Dio-per-noi, a nostro favore, dalla nostra parte. Il suo sole sorge su tutti; Egli è così; dono, dono ineffabile, dono eterno, dono non misurato sulle nostre risposte e sulle nostre coerenze; movimento di abbassamento che ci raggiunge lì dove siamo; non si vergogna, il Tutto-splendente; non disdegna le zone di ombre ma le abita e le riscatta. Egli è l'Iniziante, colui che non ti vuole aspettare perché ti precede ben prima e ben oltre ciò che tu immagini. Si muove senza motivi perché l'amore non ha motivi. Non si aspetta niente e non si muove, non si abbassa se tu rispondi, se io rispondo, se qualcuno risponde. No, il Dio di Gesù, disvelato nell'abbassamento, è sorgente che zampilla ininterrottamente. Questa è l'Eucarestia; dono per tutti, pane per tutti, per ogni donna e ogni uomo. Nella tradizione ebraica, nell'allestire la cena pasquale, occorreva lasciare un posto vuoto per il Messia che sarebbe tornato. Ma ora, Egli, è il Risorto, il Vivente, il Presente. Ma quel posto è ancora libero: ed è per te. C'è posto per la tua vita; la tua vita ha legittimità alla tavola dell'ultima cena. Non importa quello che le tue mani hanno fatto; non importa i sentieri calzati dai tuoi piedi. Egli si abbasserà comunque. Non c'è condizione verso la quale Egli non si metta in cammino. Perché Lui è così: desiderio di incontro, pellegrino in cerca di te, ovunque sei. Questo è il volto di Dio consegnatoci all'inizio del Triduo. Perché, al mattino di domenica, all'alba del terzo giorno, tu possa rialzarti e vivere così, donando senza calcoli, senza contraccambio, con il cuore così povero di te da poter diventare casa per gli altri. Facendo della gratuità dell'oblazione la cifra dei tuoi giorni; muovendoti per primo. Questo è anche il sogno di Gesù per la sua comunità, la Chiesa. Una carovana variegata e disomogenea di uomini, donne e bambini che vive per gli altri; che sa scommettere sui cominciamenti, sulla piccolezza di ciò che prende forma seppur ancora invisibile. Una Chiesa che sa cedere il posto; che desidera il bene possibile per tutti, che fa accadere vita nella vita di tutti. Vivendo così, povero dietro il Povero, alla fine dei giorni, quando il senso della storia sarà svelato, e la Pasqua sarà la Storia del mondo e non più solo un giorno dell'anno, ritroverai un nuovo movimento, un nuovo cammino, verbi antichi e verbi nuovi. E i tuoi occhi contempleranno che Egli, il Risorto, si cingerà nuovamente le sue vesti, ti farà mettere a tavola e passerà a servirti (cfr. Lc 12,37). E ciò che abbiamo intravisto nella luce tenebrosa di un tardo pomeriggio di un aprile di tanti anni fa, in una sala ben apparecchiata al I piano, si ripeterà. E sarà la gioia dell'eternità. |