Omelia (17-04-2022)
diac. Vito Calella
Tre esperienze di fede davanti alla tomba vuota

Oggi è un giorno di festa per tutti noi cristiani, perché celebriamo la risurrezione di Gesù.
Ogni domenica ci riuniamo per celebrare la risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo.
Nella prima lettura che abbiamo ascoltato oggi, la parola di Dio ci invita ad essere testimoni della risurrezione, come Pietro fu testimone di Cristo risuscitato nella casa di Cornelio.
Chi è oggi il testimone della risurrezione di Gesù?
È la persona che sa vivere ciò che ha celebrato nel suo battesimo.
Il battesimo è la scoperta e la scelta di lasciare che il dono gratuito dello Spirito Santo, già effuso nei nostri cuori da Gesù morto e risorto, agisca in noi per il riscatto dalla nostra situazione di peccatori e di oppressi, a causa delle conseguenze dell'egoismo umano.
Continua ad essere illuminante per noi l'esperienza della vita cristiana dell'apostolo Paolo, che, nella lettera ai Galati e nella lettera ai Romani, ci presenta la continua lotta interiore che siamo chiamati ad affrontare tra una vita secondo la carne e una vita secondo lo Spirito.
Con il dono dello Spirito Santo, che abbiamo ricevuto nel giorno del nostro Battesimo, siamo chiamati a testimoniare al mondo l'amore gratuito di Dio, attraverso i frutti e i doni dello Spirito:
«Le opere degli istinti egoistici sono ben note: fornicazione, impurità, licenziosità, idolatria, stregoneria, odio, discordia, gelosia, rabbia, rivalità, divisione, settarismo, invidia, ubriachezza, orge e simili». (Gal 5,19-21). Accogliendo il vuoto della nostra povertà, lasciamo che il frutto dello Spirito Santo operi in noi, e in questo modo le nostre relazioni saranno una luminosa testimonianza di «amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, benevolenza, fede, mitezza e dominio di noi stessi» (Gal 5,22-23a).
Confidando nella forza del nostro essere «uno in Cristo Gesù» (cfr Gal 3,24-26), grazie ai sacramenti dell'iniziazione cristiana, lasciamo agire in noi i doni dello Spirito Santo e così le nostre azioni sarà guidato da «sapienza e intelligenza, consiglio e forza, scienza, pietà e timore del Signore» (Is 11,2).
In questo modo potremo sperimentare e testimoniare ciò che la parola di Dio ci propone, attraverso l'apostolo Paolo: se davvero lasciamo operare lo Spirito Santo in noi, stiamo vivendo l'esperienza di risorgere in Cristo. Con l'aiuto dello Spirito Santo, facciamo del nostro meglio per «raggiungere le cose di lassù, dove Cristo è seduto alla destra di Dio». Abbiamo deciso di spendere forze ed energie per «aspirare alle cose celesti e non a quelle terrene!». Perché abbiamo scelto di dominare i nostri istinti egoistici e vogliamo davvero che «la nostra vita sia nascosta con Cristo in Dio Padre» (cfr Col 3,1-3).
Tre esperienze di fede davanti alla tomba vuota
Il vangelo di oggi ci dice che ognuno di noi può essere testimone di Gesù Risorto in modo diverso.
Essere testimoni e discepoli missionari è un'esperienza di apprendimento in continuo divenire.
Come ieri sera, il segno della risurrezione è la tomba vuota.
Davanti alla tomba vuota troviamo tre persone.
Ognuno di loro ci aiuta a pensare al nostro modo di credere nella risurrezione di Gesù.
Possiamo immaginare dove siamo in relazione alla nostra fede in Cristo oggi immedesimandoci in Maria Maddalena, o in Pietro o nel discepolo amato.
La prima persona è Maria Maddalena.
Vide la tomba vuota e pensò che qualcuno avesse preso o rubato il corpo di Gesù. Maria Maddalena rappresenta tutte le persone che conoscono Gesù, amano Gesù, ma non hanno ancora capito cosa significhi che Gesù è veramente risorto. Maria Maddalena, come le altre donne e gli apostoli, sapeva che Gesù aveva parlato di risurrezione, ma si lasciò condizionare da sentimenti di affetto e di umana gratitudine e non poteva che pensare a un ladro che aveva profanato la tomba del suo maestro e amico Gesù .
La seconda persona è Pietro.
Pietro correva con il discepolo che Gesù amava.
Ma non aveva la forza per correre. Arrivò dopo l'amato discepolo.
Pietro rappresenta tutte le persone che conoscono Gesù, amano Gesù, ma in molte occasioni rinnegano il proprio maestro e non hanno il coraggio di essere discepoli di Gesù quando la testimonianza in favore di Gesù Cristo costa persecuzione, scherno e persino rischio di morte. Pietro aveva rinnegato il suo Maestro tre volte.
Così corse senza forze, perché sentiva tutto il peso della sua infedeltà.
Anche noi possiamo essere come Pietro e in molte situazioni della nostra vita non ci comportiamo come discepoli di Gesù, preferendo rinnegare i suoi insegnamenti per paura di andare contro la mentalità mondana, materialista, edonista della nostra società.
Spesso riconosciamo i nostri peccati, ma facciamo fatica a vivere l'esperienza liberatrice della riconciliazione con Cristo e continuiamo a camminare come discepoli, trascinandoci però con il peso della coscienza della nostra infedeltà alla volontà del Padre.
Grazie a Dio, Pietro che appare nel Vangelo è diverso da Pietro, testimone di Cristo risorto nella casa di Cornelio. Era stato riconciliato con Cristo risorto. Gesù, incontrandolo, gli aveva chiesto tre volte se lo amava più degli altri. Pietro rinnovò il suo amore radicale per Gesù e si sentì liberato dal peso del suo triplice rinnegamento.
La terza persona è il discepolo che Gesù amava.
Ebbe la forza di correre, arrivò per primo alla tomba.
Il Vangelo ci dice: «Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro. vide e credette» (Gv 20,9).
Questo tempo pasquale e la nostra fedeltà all'ascolto della parola del Signore diventi un tempo propizio per identificarci sempre di più con il discepolo amato, senza timore di lasciarci guidare dallo Spirito Santo nella ricerca delle cose di lassù, lasciandoci alle spalle le cose terrene.