Omelia (01-05-2022) |
don Mario Simula |
Il coraggio di amare con la vita Quando Gesù vuole scandagliare il cuore di una persona, formula domande ustionanti, come le bombe al fosforo. Queste ultime bruciano il corpo e lo rendono una torcia di sofferenza. Le domande di Gesù feriscono l'anima e la rendono una fornace di amore, senza latitudini. Tutto divampa in quel cuore: il difficile richiamo alla storia personale, ma ancora di più il richiamo ad una relazione che il Signore Risorto intende ristabilire con quella persona. Pietro è dentro il fuoco che la gioia della Pasqua alimenta. E' invischiato anche in una storia personale di rinnegamento che gli rende la carne viva per quell'amore vissuto con immensa fragilità. E' notte fonda nel pretorio di Pilato. E' ancora più cupa la notte nell'animo di Pietro. Lui forte. Lui intemperante nei sentimenti. Lui sempre in prima fila non ha previsto che attorno al fuoco avrebbe trovato una donna inopportuna che divertiva i soldati. Proprio lei rivolge al pescatore di Galilea la domanda trabocchetto: "Anche tu eri uno dei suoi discepoli". Questi i fatti in un contesto più ampio e pasquale. Esiste, tuttavia, un contesto più vicino all'Apostolo: quello del rinnegamento. Sembra ormai passato dalla memoria. In realtà è rimasto impresso nel cuore di Gesù, non per farne un motivo si rimprovero permanente, come avviene alle persone che fanno difficoltà a perdonare. Siamo dopo Pasqua i reduci dei dodici, prendono, su proposta di Pietro, di ritornare al mestiere di sempre. Non è bastata la parola dello Spirito Santo, sceso in sovrabbondanza sui dodici. Non era stata sufficiente la chiamata di Gesù. Pietro è deciso: "Io ritorno a pescare": "Veniamo con te" gli dicono gli altri: non sarà una pesca di successo, racconta il Vangelo. E' comunque una decisione che sembra andare nella direzione opposta pensata da Gesù. Quando Lui appare, Risorto, la parola rivoluzionaria è riservata a Pietro. E' una domanda inquietante, se non fosse una richiesta di amore. E' una domanda elementare se non trovasse resistenze: "Pietro, mi ami tu più di costoro?". Così per tre volte. Con un'insistenza delicata come un gesto di tenerezza. E con un uso strano del verbo. Mi ami? Mi vuoi bene? Gesù sta richiamando a Pietro la notte di Pilato. Sta cercando di ricostruire il cuore dell'Apostolo chiamato a confermare i fratelli, in quella certezza che orienta definitivamente al bene. Gesù sta chiamando Pietro a lasciarsi curare la vita, per andare oltre il senso del peccato che ancora lo condiziona pesantemente "Pietro, mi ami?". "Tu sai che ti voglio bene". "Pietro mi ami più degli altri?". "Tu sai che ti voglio bene". "Pietro, mi vuoi bene?". "Signore tu sai tutto. Tu sai che ti voglio bene". Il cuore generoso di Pietro rimane ferito. E' troppa l'insistenza di Gesù. Troppo per un cuore umano che aspetta di diventare divino, secondo il cuore di Cristo. Il dialogo si conclude nella maniera più imprevista: "Se l'amore è vero. Se, ormai il rinnegamento è alle spalle. Ti dico: "Pietro. Seguimi!". Seguimi sulla croce. Seguimi sul patibolo dell'amore. Seguimi senza riserve. Seguimi a qualsiasi costo. D'ora in avanti andrai dove qualche altro vorrà portarti contro la tua volontà. Andrai, dove qualche altro ti porta. Sarai nuovo. Il faccia a faccia ha questi toni drammatici, strettamente personali. Inediti. Stiamo, però attenti. La proposta di Gesù riguarda ogni discepolo del Signore Risorto: Riguarda me e tutti noi. Lo comprendo da ogni Parola chiave delle letture di questa domenica. "Non possiamo non parlare di Gesù. Non possiamo non parlare con la forza dell'amore che diventa irresistibile ad ogni altra parola. Non possiamo non parlare dell'amore. Tu sarai perseguitato? Io parlerò. Annuncerò. Farò sentire alta la mia voce. Se poi non ci è concesso di gridare a tutto il mondo la Verità, rimane la gioia di aver sofferto qualcosa per il nome di Gesù Cristo. Per noi Vita. Verità. Via. Quanto è evocativa la pagina dell'Apocalisse: scritta per la nostra persecuzione, come parte integrante della nostra scelta di discepoli. Gesù mi dice: "Mi ami tu più degli altri?". Io gli rispondo con la mia esistenza quotidiana. Con quel martirio quotidiano che non dà tregua. Brucia le scorie passate. Fa nascere una vita, rinnovata tutta nell'amore e dall'amore. Gesù eppure temevo il momento nel quale mi avresti ricordato il mio rinnegamento. Tu sai bene che ti avevo perso di vista in quel momento. Stavo pensando a mettere al sicuro la mia pelle. Poi il momento è venuto. E' stato, il dialogo tra te e me, un capolavoro di verità, di superamento di paure, un atto di verità senza eguali. Tu hai avuto modo di dirmi quello che pensavi, io quello che mi creava paura. Poi abbiamo parlato, a cuore aperto, senza infingimenti. Gesù, è proprio quello che aspettavo per guardarti in faccia senza veli e senza nascondimenti. Per me, Gesù, è stata un'esperienza sconvolgente: cadevano le barriere residue tra te e me. Ero l'uomo libero. Quello che piace a te. Ormai non c'erano segreti fra noi. Potevi dirmi che sarei morto in croce. Potevi dirmi che avrei ripreso a seguirti. Che un altro sarebbe diventato arbitro della mia vita. "Tutto sta per compiersi". Una cosa comprendo bene: il discepolo non può essere più del maestro. Salgono sulla stessa barca. Vivono la medesima tempesta. Si mettono accanto all'uomo e lo curano. La sorte, tuttavia, è sempre la medesima: ci unisce indissolubilmente l'Amore. |