Omelia (08-05-2022) |
don Maurizio Prandi |
Custoditi da mani ferite In questa quarta domenica del Tempo di Pasqua riprendo, sull'onda di quanto abbiamo condiviso l'altra sera un pensiero sulla diversità di chiamate, (sul fatto che ognuno ha la sua strada, i suoi prossimi dei quali prendersi cura), quanto domenica scorsa, citando don Paolo, vi proponevo al termine dell'omelia, approfittando anche della figura del pastore che il Vangelo di Giovanni propone al capitolo 10 e che nell'arco di tre anni la chiesa ci fa ascoltare: pensando a quanto Gesù diceva a Pietro è bello credere che ci sia un piccolo gregge affidato a ciascuno di noi. Il gregge della famiglia, degli amici, del luogo di lavoro, del condominio, della strada. Sentire l'altro come affidato a te, alla tua cura e alla tua tenerezza fa sì che da gruppo disgregato si passi ad essere comunità. Sentire l'altro affidato a te perché è un tuo fratello è la possibilità di costruire la Pace cominciando da te, dal tuo piccolo, sapere l'altro affidato a te perché è un tuo fratello è rimanere fedeli a quella traduzione del versetto 20 del vangelo che oggi la chiesa ci consegna e che, a proposito delle pecore risuona così: il Padre mio, ciò che mi ha dato, è più grande di tutto! Che bello che il vangelo metta in evidenza la grandezza, agli occhi di Dio, di ogni persona, di ogni donna e di ogni uomo. Ed è molto forte quello che dice Gesù parlando prima del suo rapporto particolare con le pecore e poi del valore enorme che ognuna, ripeto: ognuna di queste ha agli occhi di Dio. E' come se mi si dicesse che sono, (siamo) chiamato a rispettare, che non posso giudicare, che non posso nemmeno sognarmi di dire qualcosa che va nella direzione contraria di questo sguardo che Dio ha, perché la relazione di un fratello con Dio è uno spazio sacro nel quale non posso entrare. Lego a questo primo punto che vi propongo una delle tre parole sulle quali abbiamo "pregato" insieme come ambito di comunione pastorale: la parola "Redenzione" che ricordate non è legata tanto al fatto che era necessario pagare con il sangue un debito per il nostro peccato per pareggiare le cose, no, il Redentore non è un contabile ma è l'opposto! È colui che si prende cura di noi, è colui che si coinvolge fino al punto di dare la vita. Che bello sapere che la mia vita è affidata alla cura che Dio ha per me nonostante le mie lontananze; abbiamo avuto l'occasione di conoscere il volto di un Dio che ci mette tutto di sé perché nulla conta per Lui quanto contano le sue pecore.
|