Omelia (30-03-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Giovanni 3,14-21 Gesù è l'unico rivelatore delle cose del cielo. Egli, pur continuando ad avere la sua dimora nel Padre, si è fatto uomo per comunicare agli uomini la vita di Dio. Questo mistero di abbassamento e di rivelazione sarà compiuto sulla croce, quando Gesù sarà innalzato nella gloria, perché "chiunque crede in lui abbia la vita eterna" (v.15). Allora l'umanità potrà comprendere l'evento scandaloso e sconcertante della salvezza per mezzo della croce e guarire dal suo male, come gli ebrei un tempo nel deserto guarirono dai morsi dei serpenti velenosi guardando il serpente di bronzo che Mosè aveva fatto innalzare come segno di vita (Nm 21, 4-9). Anche allora tuttavia non era il serpente di bronzo che salvava, ma come scrive il libro della Sapienza, 17,7: "Chi si volgeva a guardarlo era salvato non da quel che vedeva, ma solo da te, salvatore di tutti". Bisogna sempre oltrepassare le apparenze del segno e guardare con fede alla misericordia e alla potenza di Dio. La salvezza è sottomettersi a Dio e rivolgere lo sguardo al Cristo crocifisso. Questo è il vero atto di fede che ci comunica la vita eterna (cfr Gv 19,37). La nuova vita generata in noi dallo Spirito è esposta quotidianamente ai morsi del serpente, il diavolo. Il rimedio contro il peccato e la morte è il Cristo morto sulla croce. La fonte della salvezza e della vita eterna è l'amore del Padre che ci dona il Figlio per distruggere il peccato e la morte. I vv.16-17 esprimono molto bene il carattere universale della salvezza operata dal Cristo, che trova la sua origine nell'iniziativa misteriosa dell'amore di Dio per gli uomini. Il fatto che il Padre ha mandato a noi il suo Figlio per salvarci è la più alta manifestazione di Dio che è Amore (cfr 1Gv 4,8-16). La missione di Gesù è quella di portare agli uomini la salvezza: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chi crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (v.16). La scelta fondamentale dell'uomo è questa: accettare o rifiutare l'amore del Padre che si è rivelato in Cristo. Questo amore non giudica e non condanna il mondo, ma lo salva: "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui" (v.17). Il giudizio è un fatto attuale: avviene nel momento in cui l'uomo si incontra con Cristo. Chi crede, aderendo esistenzialmente alla persona di Gesù, non è giudicato; chi lo rigetta è già giudicato e condannato, perché ha rifiutato questa persona divina. Chi accetta Gesù evita la perdizione e ottiene la vita, chi invece lo rifiuta è già condannato, perché si autoesclude dalla salvezza eterna. Il giudizio di condanna avviene nel momento in cui gli uomini rifiutano la luce, preferendo le tenebre. Questo giudizio presente non esclude però il giudizio finale nell'ultimo giorno: chi crede in Gesù non va incontro al giudizio (v.24), ma i malvagi risorgeranno, nell'ultimo giorno, per il giudizio di condanna (v.29). Le opere del mondo sono malvagie perché ispirate dal maligno. In realtà il mondo è completamente in balìa del maligno se non va verso Gesù. La radice di queste opere maligne è l'ncredulità. Chi è sotto l'influsso del maligno odia Gesù, luce del mondo, e non vuole aderire alla sua persona perché aderisce al demonio. "Chi fa la verità" (v.21) è l'opposto di "chi fa il male". Fare la verità è assimilare la rivelazione di Gesù. La fede in Gesù è un dono del Padre e ha come scopo la vita di comunione con Dio. Le opere del discepolo sono fatte in Dio (v.21) perché hanno la loro origine nel Padre: Dio è l'origine e il fine della vita di fede. |