Omelia (15-08-2022) |
don Alberto Brignoli |
Un filo chiamato speranza Ogni chiesa, ogni parrocchia ha il proprio "patrono", il proprio santo protettore. E tra le parrocchie che vantano come patrona la Beata Vergine Maria, non è fuori luogo affermare che il titolo mariano a cui sono consacrate la maggior parte di esse è proprio quello dell'Assunzione di Maria, più popolarmente chiamata "Assunta". Paradossalmente, quello che è uno dei culti più antichi tributati a Maria nella Chiesa, ossia quello di venerarla vivente in cielo anima e corpo, è proprio l'ultimo dei dogmi riconosciuti dalla Chiesa stessa, "solamente" una settantina di anni fa (che nella Chiesa significa l'altro ieri...), precisamente da Pio XII il 1° novembre 1950, Solennità di Tutti i Santi, a sottolineare che tra tutti coloro che noi veneriamo come esempi e modelli di santità, Maria occupa ovviamente un posto privilegiato. Perché, poi, questa festività ricorra proprio il 15 agosto, è difficile dirlo: pare si tratti della data in cui è stata dedicata, nei primissimi secoli del cristianesimo, una Chiesa a Maria in Gerusalemme, forse la prima a lei dedicata nella Città Santa. E non è così certa (ma sicuramente è suggestiva) l'ipotesi per la quale, nel dedicarla, si sarebbe scelta questa data per creare una sovrapposizione, una sorta di "sincretismo religioso", con il culto alla dea romana Diana, dea tra l'altro della fertilità e della maternità, molto venerata sull'Aventino a Roma e nei villaggi rurali intorno all'Urbe già dai tempi delle "Feriae Augusti" (da cui "Ferragosto"), che si celebravano appunto nei giorni centrali del mese estivo per eccellenza, per volere dell'imperatore che ne portava il nome. Di fatto, per quanto riguarda il nostro Paese, furono i Patti Lateranensi del 1929 a stabilire che la Solennità dell'Assunzione, vissuta già dai cristiani come festa di precetto, coincidesse con un giorno festivo anche a livello civile, quello che continuiamo a chiamare e conoscere come Ferragosto. Senza dubbio, se dovessimo dire qual è la festa mariana per eccellenza, non esiteremmo a dire che si tratta proprio dell'odierna solennità, proprio come facciamo per i diversi santi del calendario, che generalmente veneriamo proprio nel giorno della loro nascita al cielo. Perché questo è ciò che veneriamo, in questa solennità di mezza estate: la nascita al cielo della Madre di Dio. Colei che con il suo "sì" aprì la porta del cielo alla discesa del Verbo di Dio fatto carne qui sulla terra, vede ora dischiudersi nuovamente la porta del cielo per essere definitivamente accolta nella gloria di Dio, gloria che condivide pienamente con il proprio Figlio dopo aver condiviso qui, sulla terra, ogni momento della sua esistenza. E credo che il senso di questa solennità così suggestiva sia proprio questo: la condivisione da parte di Maria delle vicende della storia dell'umanità, attraverso la condivisione con la storia del Dio-fatto-uomo nel suo grembo. Una condivisione, quella di Maria, sempre attraversata da un sottile ma meraviglioso filo che tesse la trama della storia dell'umanità e la conduce verso quello stesso destino di gloria a cui ella ci chiama e ci attende: il filo della speranza. Quando noi, umanità creata e amata da Dio, ci troviamo ad affrontare situazioni nuove, misteriose, incomprensibili, più grandi di noi, di fronte alle quali ci sentiamo incapaci e impreparati, pensiamo a Maria nel momento dell'annunciazione, e il "sì" della speranza ci aiuterà a capire che anche dalla situazione più impensabile è possibile far nascere il germe di un'umanità nuova. Quando vediamo intorno a noi manifestazioni di affetto, di solidarietà, di comunione, magari ricevute dalle persone più umili e da quelle ideologicamente più lontane e più diverse da noi, pensiamo a Maria nella grotta di Betlemme, attorniata dai pastori e dai Magi d'Oriente, e il nostro cuore, meditando in silenzio, si aprirà alla speranza del bene, sempre e comunque, senza pregiudizi. Quando qualcuno verrà a dirci, senza mezzi termini, che la nostra vita non sarà tutta rose e fiori, e che la sofferenza ci trafiggerà l'anima come una spada, pensiamo a Maria di fronte al santo saggio Simeone nel tempio, e continuiamo a operare nella speranza secondo quanto il Signore ha prescritto per noi, perché egli ha per ognuno di noi un disegno di luce e di gloria. Quando le scelte dei nostri figli o delle persone che amiamo di più ci lasciano sgomenti e smarriti, e ci procurano non poche angosce, pensiamo a Maria che rimprovera Gesù rimasto nel tempio a Gerusalemme, e non perdiamo mai la speranza che anche il più scapestrato dei nostri figli possa, un giorno, occuparsi delle cose che Dio ha seminato nel suo cuore da sempre. Quando tutto ciò che abbiamo desiderato, progettato, programmato e ideato fin nei minimi particolari viene messo in crisi da qualcosa che viene a mancare proprio sul più bello, togliendoci la serenità, pensiamo a Maria alle nozze di Cana, e camminiamo nella speranza che il Dio-con-noi non ci abbandonerà, se continueremo a fare "qualunque cosa egli ci dica". Quando siamo avvolti dall'ombra della morte, della nostra ma soprattutto di quella delle persone che amiamo, e la solitudine non ci fa vedere altra prospettiva se non quella di lasciarci trascinare dal destino, pensiamo a Maria sotto la croce, e non perdiamo la speranza di trovare qualcuno che si prenda cura di noi, come fece Giovanni, in attesa di un giorno nel quale, di nuovo, la vita tornerà a fiorire in noi. E quando l'attesa di una vita che rinasce e riprende a fiorire in noi diventa certezza per la forza dello Spirito, pensiamo a Maria in attesa della Pentecoste, e lasciamo che la speranza pervada i nostri cuori senza più paura di ciò che la vita ci può procurare. Perché, a questo punto, il destino di gloria a cui Dio ci chiama non è più solo una speranza, ma una promessa: e il pegno di questa promessa è la presenza di Maria in cielo, anima e corpo, spirito e carne, fortezza e debolezza, in una parola sola, "umanità". |