Omelia (04-04-2003)
padre Lino Pedron
Commento su Giovanni 7, 1-2. 10. 25-30

La Festa delle Capanne nel Nuovo Testamento è ricordata solo qui. Si celebrava all'inizio dell'autunno; durava una settimana. In essa si ringraziava il Signore per i raccolti dei campi, e si invocava la pioggia. Durante questa settimana festiva i giudei vivevano nelle capanne, costruite nelle piazzette e sui terrazzi di Gerusalemme, per ricordare il soggiorno degli ebrei nel deserto durante l'esodo. Inoltre si celebravano processioni dalla fontana di Siloe, dove si attingeva l'acqua, fino al tempio. Infine si dava molta importanza all'illuminazione notturna del tempio.

Solo dopo la partenza dei suoi parenti, Gesù si reca a Gerusalemme, in forma privata Egli ha rifiutato la suggestione tentatrice dei parenti di far mostra di sé, di dare spettacolo. L'ingresso trionfale del Messia in Gerusalemme è riservato ad altro tempo, quando giungerà la sua ora (cfr Gv 12,12ss).

Gli abitanti di Gerusalemme sono al corrente del disegno omicida dei capi, per questo si meravigliano che Gesù parli liberamente in pubblico. Essi conoscono bene la teologia messianica e sanno che l'origine di Gesù dalla Galilea è una prova decisiva per escludere la sua messianicità. Ma l'origine di Gesù è un autentico mistero. Nonostante la sua apparente origine dalla Galilea, la patria terrena di Gesù è la Giudea; inoltre la fonte della sua vita e della sua missione non è un uomo, ma Dio.

Gesù riprende, a voce alta e con linguaggio ironico, le precedenti espressione degli abitanti di Gerusalemme sulla loro conoscenza della sua identità e della sua origine. Questi giudei sono molto sicuri della loro scienza, ma vivono nella più completa ignoranza della vera natura di Gesù. In questo contesto Gesù insinua la sua origine divina, proclamando di non essere venuto da sé, ma di essere stato inviato dal Verace. Colui che ha mandato Gesù è verace, cioè non inganna e si rivela in modo autentico nel suo inviato. Questa persona verace purtroppo non è conosciuta dai giudei; anche se si considerano figli di Dio, essi sono figli del diavolo omicida (cfr Gv 8,39-44) perché compiono le opere del padre loro cercando di uccidere Gesù.

L'ignoranza di Dio e del suo inviato da parte dei nemici di Gesù è una tragica realtà, riconosciuta anche nei discorsi dell'ultima cena (cfr Gv 16,3; 17,25).

I nemici di Gesù non possono catturarlo perché non è ancora giunto il tempo della sua morte e risurrezione.