Omelia (06-04-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Giovanni 12,20-33 L'ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme fu notato non solo dai giudei e dai farisei, ma anche da un gruppo di greci, saliti a Gerusalemme per celebrare la Pasqua. Si tratta di incirconcisi, simpatizzanti dell'ebraismo. Questi pii pagani vogliono vedere Gesù. Per incontrare il Maestro si servono della mediazione di Filippo. Gesù, informato del desiderio dei greci, esclama: "E' venuta l'ora che sia glorificato il figlio dell'uomo" (v.23). L'"ora" di Gesù indica il tempo della sua glorificazione con la passione, morte e risurrezione. La glorificazione del figlio dell'uomo è spiegata con il paragone della sorte del chicco di grano che per portare frutto deve morire. La glorificazione di Cristo avviene mediante la sua morte e sepoltura. Il seme per poter fruttificare deve morire sotto terra. Il chicco che non volesse morire è destinato alla sterilità. Il Cristo fu sepolto nella terra per risorgere, essere esaltato e attirare tutti a sé (v.32). La fecondità salvifica di Gesù deriva dall'accettazione del disegno divino che ha posto la sua glorificazione in dipendenza della sua passione e morte. L'amore per la propria vita, l'esagerato attaccamento alla vita, per cui per salvarsi si è disposti a rinunciare a tutti i valori, anche a quelli divini, è causa di perdizione. La disponibilità a morire per una causa superiore, quale è Cristo e il suo regno, è fonte di salvezza eterna. Gesù "odia" la sua anima in questo mondo, ossia è disposto a rinunciare alla vita terrena, per portare molto frutto, cioè per attirare a sé tutti gli uomini, compresi i pagani, rappresentati da questi greci che desiderano vederlo. Il suo discepolo fedele deve seguirlo su questa strada per essere dove l'ha preceduto Cristo. Nella casa del Padre (Gv 14,1-3). La precedente affermazione sulla morte del chicco di grano e sull'odio per la propria anima viene applicata da Gesù a se stesso. Tra poco inizierà la sua passione che culminerà sulla croce; per questo motivo Gesù è profondamente turbato (v.27). Giovanni anticipa all'epilogo della rivelazione pubblica questa scena che gli altri evangelisti collocano nel Getsemani (cf Mt 26,37-39). Gesù è tentato di domandare al Padre di salvarlo, cioè di liberarlo da questa prova angosciosa, ma scarta subito questa eventualità. Lo scopo della vita di Gesù è tutto incentrato su quest'"ora", perciò chiede al Padre di glorificare il suo nome. Il Figlio di Dio si è incarnato per rivelare l'amore di Dio; questa manifestazione raggiunge il culmine sulla croce. E' nella morte di Gesù che gli uomini riconoscono la sua divinità: "Il centurione che stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio" (Mc 15,39). Nella scena conclusiva di questo brano il Padre interviene per autenticare la missione del Figlio. Gesù infatti spiega che la voce venuta dal cielo è diretta ai suoi uditori (v.30). Con tale manifestazione il Padre vuole presentare Gesù come la persona divina per mezzo della quale egli si rivela in modo perfetto e pieno. Con l'esaltazione di Gesù si attua il giudizio del mondo delle tenebre e la sconfitta del suo principe. Il giudizio di questo mondo si attua con la sconfitta di satana. Satana è sconfitto dalla morte gloriosa di Cristo sulla croce e dalla esaltazione-ascensione al cielo di Gesù (Gv 3,14; 8,28). L'elevazione di Gesù sul patibolo del Calvario costituisce l'inizio dell'esaltazione alla destra del Padre. |