Omelia (02-11-2022) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Al di la della morte cosa c'è Complice la nostra inclinazione a cedere, la debolezza umana e la realtà ingannevole di peccato che caratterizza anche il nostro vissuto, non sempre il Paradiso è raggiunto subito dopo la fine dell'esistenza terrena. Non si può escludere la triste realtà di tutti coloro che deliberatamente e in piena coscienza rifiutano l'amore di Dio, la sua bontà e la sua misericordia, preferendo la persistenza ostinata nel peccato e da se stessi si autoescludono dalla piena comunione con Dio loro Creatore, per autocondannarsi all'inesorabile pena di dannazione eterna, purtroppo esistente, chiamata inferno. La stessa vita terrena strutturata all'insegna del male, dell'orrore, dell'ingiustizia, di tutto ciò che insomma riguarda l'antitesi all'amore di Dio, il rifiuto ostinato e convinto della sua misericordia e la refrattarietà al dono della salvezza, costituiscono già al presente un'inconsapevole insoddisfazione e irrequietezza, abbandono e danno di sé nell'illusione di vivere procurata da felicità solamente passeggere. Il peccato non può procurare pace già nella vita presente e diventa causa di condanna definitiva nell'eternità in questa dimensione che ci si è voluti procurare deliberatamente che appunto chiamiamo inferno. Non si tratta di una voragine da cui si sprigionano altissime fiamme che divorano le anime dei dannati o di un fuoco divampante che non risparmia chiunque vi giunga di fronte (vecchia rappresentazione allegorica) ma di una situazione di sofferenza perenne che affliggerà l'anima per la procurata lontananza da Dio. L'anima fuori dal corpo mortale concepisce di per sé che di Dio non può fare a meno, essendo Egli ha sua origine e il suo sostegno; l'assenza di questo riferimento le procurerà strazio e sofferenza senza rimedio. Cosa può esserci del resto di più dannoso della lontananza da Dio? Nel sangue sparso dal suo Figlio che ha pagato il nostro prezzo sulla croce, nelle parole e nelle opere dello stesso Gesù Cristo che annunciava il Regno di Dio orientandoci nello spirito del programma di vita delle Beatitudini, Dio ci rassicura in ogni caso che l'inferno non è una realtà alla quale siamo destinati o che Lui, Padre misericordioso e sollecito, ha voluto prevedere per noi. Diceva un predicatore durante un corso di Esercizi Spirituali: "Dio ti ama e ti amerà sempre; e se dovessi finire all'inferno, ti amerà anche lì." Non è volontà di Dio che alcuno sia condannato a questa drammatica e deprimente realtà, piuttosto si tratta di una conseguenza della libera scelta dell'uomo se accettare la salvezza o preferire di mancare a se stesso; se deliberare per la sua realizzazione al presente per una destinazione finale appagante o optare per la rovina definitiva di se stesso, in questa e nell'altra vita. Dipende dall'esercizio del libero arbitrio, dall'obiettività di coscienza e dal nostro potere di scegliere. L'amore di Dio che si è palesato piuttosto ci rassicura che alla fine della nostra vita mortale "la misericordia avrà la meglio nel giudizio" (Gc 2, 13) e che nulla è impossibile perché ci si possa salvare anche in presenza di eventuali lacune e imperfezioni al di là della vita presente. L'amore prevarica la morte e anche il male più ostinato è impotente di fronte alla misericordia e alla benevolenza divina e nulla impedisce che Dio possa far valere gli effetti della salvezza redentiva del suo Figlio anche al termine del nostro pellegrinaggio terreno. Certo, nella Gerusalemme celeste "nulla di impuro può fare ingresso (Ap 21, 27), ma proprio per questo Dio ha stabilito un'altra dimensione intermedia grazie alla quale le anime di coloro che non sono ancora del tutto monde e purificate possono scontare le loro momentanee pene temporali per accedere poi al paradiso. Al di là di questa vita, esiste una dimensione in cui ci si potrà salvare "come passando attraverso un fuoco (1 Cor 3, 14), cioè in conseguenza di un processo di purificazione nel quale acquistare tutte le prerogative di purezza per guadagnare il paradiso. Il purgatorio è una realtà intermedia di necessaria predisposizione alla gloria che solo Dio può concedere avendo egli, nella sua infinita misericordia, amore e comprensione per tutti coloro che, complice la debolezza e l'umana fragilità, non hanno potuto raggiungere lo stato di candore morale definitivo. Dio onnipotente, il cui Figlio Gesù si china su ciascuna delle pecorelle che si smarriscono dall'ovile per sanare le sue ferite e riportarla al sicuro, si china con paternità su ciascuna delle anime ancora gravate da imperfezioni e impurità, purificandole dai rimasugli di imperfezione ai fini di condurle alla loro patria definitiva che è quella celeste. Non sappiamo con esattezza quale sia lo stato o la condizione delle anime purganti. Santa Caterina da Genova le descriveva in una situazione di pace e di benessere affinata a uno stato di tormento e di sofferenza. Gioiscono e soffrono allo stesso tempo. E' da intuire che esse vivano certamente uno stato di penitenza e di mortificazione adeguato del resto a qualsiasi itinerario di purificazione, che tuttavia viene alleviato dallo stesso Signore non senza il nostro supporto e il nostro suffragio. Come affermava Paolo VI in un suo intervento, le anime purganti formano, assieme a quelle del paradiso, il "popolo di Dio ultraterreno" con il quale la Chiesa terrena è in continua sintonia e per il quale possiamo dire di instaurare con loro una relazione di mutuo sostegno vicendevole. Esse pregano per noi, ma anche noi aiutiamo loro ad espiare le loro pene temporali e agevolare così il loro ingresso definitivo nella gloria. Preghiere, Messe di suffragio, opere di misericordia verso il prossimo sono espedienti con cui possiamo alleviare le anime purganti dei nostri cari e intanto sentire la loro continua presenza accanto a noi nella certezza che anche a loro è dato di pregare per noi, realizzando che al di là di questo corpo mortale si realizza la speranza della vita e che la morte è stata definitivamente sconfitta, anche a proposito di possibili mancanze ultraterrene. |