Omelia (25-12-2022) |
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie) |
Commento su Is 9,1-6; Sal 95; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14 Giuseppe e Maria sono stati le prime persone che hanno visto il volto del Figlio di Dio e ne hanno sentito la Voce, pur sotto forma di vagiti. L'evento è accaduto a Betlemme, la cita del pane. Non c'era posto più appropriato per la nascita del " Pane di Vita". Poiché il Figlio di Doha assunto la nostra umanità, tutte le speranze sono possibili: Tutto il creato rende gloria a Dio. Per noi, uomini moderni, questo evento è diventato un'abitudine, che estingue nel cuore lo stupore che investì i pastori, accorsi alla grotta della Natività, su sollecitudine dell'ange. La Chiesa, in questa notte santa, a cui siamo arrivati affannati per via di questo Natale, ormai divenuto un fatto commerciale, ci chiede di fermarci e provare ancora a stupirci. Se non riusciamo più a stupirci del Natale vuol dire che si è persa la semplicità della fede ed è subentrata quella del portafoglio. Allora armiamoci di coraggio e chiediamo all'Infante Divino che ce lo dia lui come dono natalizio. Questa notte la parola di Dio si è rivelata nella carne del bambino deposto nella mangiatoia. Egli, come tutti gli infanti, non parla con parole, ma in realtà parla a tutti e dice la cosa più importante e meravigliosa: Dio è amore, ama l'uomo e la terra in cui abitiamo, ed inoltre, vorrebbe che la rispettassimo e con essa tutto il creato. Ma l'amore di Dio, ci dice il neonato, si rivela soprattutto verso l'uomo perché in esso sono impressi i lineamenti del suo volto: " facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza". Come già detto, l'annuncio della nascita dell'uomo Dio viene dato dall'angelo ai pastori ed essi, senza indugio si recano alla grotta e trovano il bambino con il segno che era stato loro dato, deposto, non in un sfarzosa culla, ma avvolto in poveri panni e deposto sopra la paglia in una mangiatoia. A tal vista i pastori diventano i primi missionari del vangelo, senza rendersene conto, in quanto diffondono la " buona notizia" nei dintorni. La prima lettura è tratta dal libro del profeta Isaia, " l'uomo di Dio", che intuisce e rivela la volontà salvifica di Dio al suo popolo. Vissuto nella seconda metà dell'ottavo secolo, al tempo dei re di Giuda Acaz e Ezechia, autore dei capitoli 1-39 del libro che porta il suo nome. Particolarmente caro alla tradizione cristiana, autore del libro del "libro dell'Emmanuele" ( capitolo 7-12), che ha dei versi di altissima poesia, intravede all'orizzonte della storia uno squarcio di luce irrompere nella notte dei secoli: " il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce". Questa grande luce ha un nome ed è Gesù che illumina questa notte santa e che noi celebriamo con solennità liturgica. Notte che precede l'aurora del mondo nuovo, della terra nuova, perciò notte di gioia: " hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia" perché " un bambino è nato per noi... chiamato Principe della pace".Questa è la sorpresa annunciata da Isaia, che è diventata realtà dopo otto secoli allorché si compie alla grotta di Betlemme, la notte di Natale. L'uomo della provvidenza, tanto atteso dalle genti, è un bambino povero, umile e inutile, che crede le nostre cure. Ma Natale è essenzialmente un bambino che ci costringe a vivere con coraggio poiché ormai non siamo più soli in quanto " questo farà lo zelo del Signore". Il Salmista ci invita ad elevare un canto di benedizione alSignore " du tutta la terra" raccontando " di giorno in giorno la sua salvezza". La natura stessa è partecipe della gioia che ne deriva dalla venuta del " Signore che viene"; anzi lo è tutto il creato che grida "oggi è nato per noi il Salvatore". In questa notte, ci dice san Paolo nella seconda lettura, un brano tratto dalla lettera a Tito. festeggiamo non solo la nascita di un bambino venuto al mondo nella povertà di una stalla; ma festeggiamo, soprattutto nostra salvezza, che " l'appostolo dei gentili" esprime con la riflessione di tre suggerimenti: !°, con la sua nascita, Gesù oltre che manifestare la predilezione di Dio per l'uomo, porta questo alla salvezza; 2°, imitando Gesù Cristo impariamo a rinunciare al male, a vivere nella giustizia, ad attendere la piena manifestazione di lui nella gloria del cielo; 3°, ci rendiamo conto che la sua missione è rivolta alla formazione di un popolo che gli appartenga perché è venuto in terra per riscattarci, col suo sangue, sulla croce. La terza lettura è un braccio del vangelo secondo Luca (Lc 2,1-14) che rispecchia il canto di Isaia della prima lettura. Alcuni pastori, quelli che avevano un gregge di pecore col vello nero, che nella notte vegliavano il gregge, viene avvolto da una "luce" e un angelo annuncia loro la " grande gioia" che è la nascita di un bambino apportatore di pace. La paura dei pastori svanisce allorché l'angelo invita loro a non temere essi passano allo stupore che li porta a verificare se il segno dato loro dall'angelo " troverete un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia" sia reale. Essi vanno alla ricerca del segno di salvezza. La salvezza è veramente venuta questa note, come proclama il Vangelo e la liturgia. Il verbo di Dio si è rivelato nella carne del bambino nato a Betlemme, anche se ancora non articola parola, come parlerebbe un adulto; ma parla ugualmente, a chi ha orecchi attenti, con la sua fragilità e la sua povertà, e ci dice che l'uomo è una cosa sacra. Pertanto se crediamo, non a parole ma con il cuore, che Dio si è incarnato, ne deriva che dobbiamo rendergli culto comportandoci come fratelli nei riguardi del prossimo, ossia siamo una grande famiglia. In questa grande famiglia una tenerezza notevole Dio la riserva ai poveri, ai deboli e ai sofferenti. Questo è il messaggio che ci trasmette il bambino di Betlemme e con la sua incarnazione annuncia che la pace non sta nella forza delle armi, né nel dominio sui popoli (pace umana) ma in una nuova sensibilità di collaborazione e di giustizia.
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