Omelia (28-11-2022) |
Monaci Benedettini Silvestrini |
Signore, il mio servo giace paralizzato e soffre terribilmente La prima grande lezione del brano di oggi ci viene da questa iniziale frase pronunciata dal centurione romano. Paradossalmente egli non chiede, ma racconta a Gesù quello che sta vivendo, e gli consegna la sofferenza di questo suo servo, che a quanto pare gli deve stare particolarmente a cuore se si mette a cercare una soluzione. Quante cose ogni giorno ci preoccupano e ci stanno a cuore? Alla luce del Vangelo di oggi, impariamo a raccontare a Gesù tutto, ovviamente come il centurione, tutte le nostre ansie, paure e sofferenze che incontriamo sul nostro cammino ma anche quelle dei nostri fratelli che incrociamo sulla strada della nostra vita. Penso che la preghiera sia innanzitutto questo: affidamento delle nostre intenzioni a Dio. Gesù non solo ascolta ma anticipa anche la preghiera implicita, nascosta del centurione: "Gesù gli disse: «Io verrò e lo guarirò»". Ma è proprio a questo punto che la scena sorprende ancora di più perché il centurione fa emergere una fede immensa: "Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito". Quasi per dire: Signore io mi fido ciecamente di te che sono certo che tu farai qualcosa per lui, anche senza che io lo veda o che me ne accorga mai. Visibilmente Gesù è colpito dalla fede di quest'uomo, che tra l'altro non faceva parte proprio della cerchia di credenti e seguaci di Gesù. Ecco perché "Gesù, udito questo, ne restò meravigliato, e disse a quelli che lo seguivano: «Io vi dico in verità che in nessuno, in Israele, ho trovato una fede così grande!»". Infatti è grande la fede di chi prega senza cercare segni, ma con l'intima certezza che Chi ci ama non può non ascoltarci e fare ciò che è giusto. Anche noi in questi primi passi di Avvento che abbiamo iniziato ieri, impariamo da questo Centurione nonostante le nostre umane fragilità. Amen! |