Omelia (25-12-2022)
Paolo Curtaz
Per me

I pastori sono storditi dal freddo e confusi dal sonno, spaventati e increduli davanti a tanta luce.
La loro vita si consuma nella sopravvivenza e nella rabbia contro un destino cinico e baro che li ha spinti oltre i margini della società, ad esercitare un lavoro malvisto e malpagato, malsano e disprezzato.
Pastori, cioè nulla.
Pastori, cioè dimenticati da tutti.
Erranti con i loro greggi nelle avare colline di Giudea, a due passi dal deserto che di giorno li soffoca con il caldo e di notte li opprime con il gelo .
Obbligati a dormire all'addiaccio, scoraggiati nel farsi una famiglia, impossibilitati a rispettare le minuzie della Legge o a frequentare una comunità.
Pastori, cioè dimenticati.
E se anche un qualche Messia dovesse mai salvare Israele dall'oppressione straniera, certamente non verrebbe a cercarli, perduti come sono.
Non attendono salvezza, sono rassegnati alla vita, all'oggi, all'ineluttabile.
E invece.

Per voi
Per voi è nato un Salvatore.
Non per gli altri. Per voi.
Non per l'Imperatore che dalla lontana Roma impone ai sudditi un censimento come chi conta un gregge.
Non per lo spietato e astuto Erode, che usa la religione come arma di propaganda e vede Dio come un concorrente.
Non per i sacerdoti impegnati a celebrare la potenza del Dio di Israele e a vantarsi del ricostruito tempio, che conoscono il luogo della venuta del Messia ma non escono a vedere.
Non per la brava gente di Gerusalemme turbata dalla visita dei magoi che vagheggiano di re e di stelle.
E nemmeno per il rabbino di Betlemme che prima di addormentarsi, quella notte, ha invocato con forza la venuta del Messia. Che nasceva a duecento metri da casa sua.
Per voi è nato un Salvatore.
Proprio perché non ve lo aspettavate.
Proprio perché conoscete bene la perdizione, avete bisogno di salvezza.
Proprio perché il desiderio di bene e di Dio, nel vostro cuore, è un abisso che non osate più nemmeno guardare, per timore di scoppiare in lacrime.
Proprio perché la durezza della vita ha reso il vostro cuore pietra. E fango. E sterco.
Per voi è nato un Salvatore.
Perché Dio cerca le pecore perdute. E i pastori perduti.

Per noi
Per noi è nato un Salvatore.
Se ancora abbiamo l'onestà di riconoscerci persi in un mondo che non riconosciamo più, che non ci appartiene. Se ancora il desiderio di pienezza e di infinito mozza il fiato, inumidisce gli occhi, scuote l'anima nel profondo. Se ancora la speranza di un senso a tutto ci abita.
Per noi perché mendicanti, cercatori, lebbrosi.
Perché Dio viene per gli ultimi, per i perdenti, corre nei deserti a scovarli, invia truppe angeliche a illuminarli e riempirli di gioia.
Questo accade, in questa notte santa. In questa nuova Creazione. In questo nuovo oggi.
Facendosi spazio fra i nostri inutili natali, fra le nostre usurate abitudini, fra emozioni imposte dai pubblicitari e dal marketing.
In questo ridondare di zucchero e melassa, di atmosfera magica che esaspera il dolore dei tanti che, in questi giorni, indossano la maschera della felicità d'ordinanza sperando che passino le feste.

Per me
Ecco, qui, esattamente, qui, proprio oggi, proprio a me, Dio dice:
per te, Paolo, è nato il Salvatore.
Per te che non ne puoi più, per te che sei stordito, confuso, piallato. Per te Dio è diventato uomo.
Tu vali l'incarnazione di Dio. Dio ha percorso le galassie e il Cosmo per essere qui e ora, per trovarti, per abbracciarti, per dirti che sei amato.
E lo fa facendosi bambino, neonato fragile e bisognoso di accoglienza. Ti chiede di accudirlo. Di prenderlo fra le braccia, di avvolgerlo in una coperta, in un silenzio gravido e denso, puro e intenso come solo questa notte ci regala.
Dio si è fatto per te. Perché tu possa diventare come Dio, perché tu possa amare come Dio.
Sì, Signore, salvami.
Salvami dalla tenebra che mi impedisce di vedere. Salvami dal non senso che attanaglia e incombe sulla mia vita. Salvami dal vittimismo e dallo scoraggiamento, dall'arroganza e dal narcisismo. Salvami, o Salvatore.
Fammi tuo.

Un segno
Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia.
Dio nasce ancora in me e mi invita a riconoscerlo nei segni.
Segni semplici: i pastori sanno bene cos'è una mangiatoia. Dio non si nasconde, non fa il difficile, non si fa desiderare, né la sua conoscenza è riservata ai pochi.
Segni vitali: un neonato in braccio a sua madre, le persone che incontriamo per strada, un raggio di luce che buca le nubi, un canto natalizio, una candela accesa, la telefonata che faccio o che ricevo.
La vita è una caccia al tesoro, dirà quel neonato diventato grande.
E ho ancora voglia di cercarlo.
Perché quel bambino mi dice che Dio non si è ancora stancato dell'umanità. Di me.
Tenero.

Eccolo qui Dio.
Sonnecchia, stropiccia gli occhi, i pugni chiusi, la bocca a cercare il seno acerbo della madre.
Eccolo qui il Creatore di Tutto.
Eccolo qui il Dominatore dell'Universo.
Benvenuto, Dio.
Sappiti amato, mio Signore.