Omelia (06-01-2023) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Gigi Avanti Come avranno fatto i Magi a leggere quei segni nel cielo e ad incamminarsi verso Gerusalemme? Proprio così, come avranno fatto? Come avranno fatto a decifrare quei "segni nel cielo" nascosti nel grembo del mistero? Non ci è dato di saperlo, ma quel che è possibile e nutriente ricavarne per la nostra anima è di riflettere sul loro comportamento conseguente. Un comportamento che li induce a lasciare le loro abitudini e ad incamminarsi alla volta di Gerusalemme con un progetto ben preciso, quello di andare ad "adorare" il neonato Messia. Di comportamento opposto, invece, quello di Erode che, fornito delle medesime "informazioni", decide di far fuori dalla storia Colui che stava, invece, per dare senso compiuto alla storia. Il solito paradosso tra chi mette Dio al centro della storia e chi, invece, mette se stesso, il proprio io al centro della storia. Ovviamente con risultati catastrofici. Il brano "scientifico" che riporto da Vittorio Messori ( IPOTESI SU GESU', SEI, 1976), offre una pregevole lettura del "mistero dei segni nel cielo". Mistero nel quale è meglio lasciarsi andare a naufragare piuttosto che intestardirsi a volerlo capire: "Gli archeologi hanno decifrato la simbologia degli astrologi babilonesi. Ecco i loro risultati: Giove, per quegli antichi indovini, era il pianeta dei dominatori del mondo, Saturno il pianeta protettore di Israele e la costellazione dei Pesci era considerata il segno della Fine del tempi, dell'inizio cioè dell'era messianica. Dunque potrebbe essere qualcosa di più di un mito il racconto di Matteo dell'arrivo dall'Oriente a Gerusalemme, di sapienti, di Magi che chiedono: "Dove è nato il Re dei Giudei?". E' ormai certo, infatti, che tra il Tigri e l'Eufrate, non solo si aspettava (come in tutto l'Oriente) un Messia che doveva giungere da Israele, Ma si era pure stabilito con stupefacente sicurezza che doveva nascere in un tempo determinato. Quel tempo in cui, per i cristiani, il "Dominatore del mondo" è veramente apparso". Ed allora tocca a noi metterci subito ad adorarlo nella maniera più semplice, quella della quotidianità orante ed adorante del presente, un presente capace di allontanare nostalgie o recriminazioni per un passato morto e sepolto e le angosce immaginarie per un futuro inesistente, consapevoli, invece, che, come afferma S.C. Lewis nel libretto "Le lettere di Berlicche": "Il presente è l'unico punto di contatto tra l'eternità e il tempo". |