Omelia (06-01-2023)
don Lucio D'Abbraccio
Vennero da Oriente per adorare il Re!

Il cammino esteriore di quei sapienti era finito. Erano giunti alla meta. Ma a questo punto per loro comincia un nuovo cammino, un pellegrinaggio interiore che cambia tutta la loro vita. Poiché i magi, sicuramente, avevano immaginato questo Re neonato in modo diverso, si erano appunto fermati a Gerusalemme per raccogliere presso il Re locale, ossia Erode, notizie sul promesso Re che era nato.
Sapevano che il mondo era in disordine, e per questo il loro cuore era inquieto. Erano certi che Dio esisteva e che era un Dio giusto e benigno. E forse avevano anche sentito parlare delle grandi profezie in cui i profeti d'Israele annunciavano un Re che sarebbe stato in intima armonia con Dio, e che a nome e per conto di Lui avrebbe ristabilito il mondo nel suo ordine.
Per cercare questo Re, questi tre uomini si erano messi in cammino: dal profondo del loro intimo erano alla ricerca del diritto, della giustizia che doveva venire da Dio, e volevano servire quel Re, prostrarsi ai suoi piedi e così servire essi stessi al rinnovamento del mondo. Appartenevano a quel genere di persone «che hanno fame e sete della giustizia» (cf Mt 5,6). Questa fame e questa sete avevano seguito nel loro pellegrinaggio, si erano fatti pellegrini in cerca della giustizia che aspettavano da Dio, per potersi mettere al servizio di essa.
Il nuovo Re, davanti al quale si erano prostrati in adorazione, si differenziava molto dalla loro attesa. Così dovevano imparare che Dio è diverso da come noi di solito lo immaginiamo. Qui cominciò il loro cammino interiore. Cominciò nello stesso momento in cui si prostrarono davanti a questo bambino e lo riconobbero come il Re promesso. Ma questi gesti gioiosi essi dovevano ancora raggiungerli interiormente. Dovevano cambiare la loro idea sul potere, su Dio e sull'uomo e, facendo questo, dovevano anche cambiare se stessi. Ora vedevano: il potere di Dio è diverso dal potere dei potenti del mondo. Il modo di agire di Dio è diverso da come noi lo immaginiamo e da come vorremmo imporlo anche a Lui.
Dio in questo mondo non entra in concorrenza con le forme terrene del potere. Non contrappone le sue divisioni ad altre divisioni. A Gesù, nell'orto degli ulivi, Dio non manda dodici legioni di angeli per aiutarlo (cf Mt 26,53). Egli contrappone al potere rumoroso e prepotente di questo mondo il potere inerme dell'amore, che sulla Croce - e poi sempre di nuovo nel corso della storia - soccombe, e tuttavia costituisce la cosa nuova, divina, che poi si oppone all'ingiustizia e instaura il Regno di Dio. Dio è diverso: è questo che ora riconoscono i magi. E ciò significa che ora essi stessi devono diventare diversi, devono imparare lo stile di Dio.
Erano venuti per mettersi a servizio di questo Re, per modellare la loro regalità sulla sua. Volendo con il gesto dell'adorazione riconoscere questo bambino come il loro Re al cui servizio intendevano mettere il proprio potere e le proprie possibilità, gli uomini provenienti dall'Oriente seguivano senz'altro la traccia giusta. Servendo e seguendo Lui, volevano insieme con Lui servire la causa della giustizia e del bene del mondo. E in questo avevano ragione!
Ora però imparano che ciò non può essere realizzato semplicemente per mezzo di comandi e dall'alto di un trono. Ora imparano che devono donare se stessi. Ora imparano che la loro vita deve conformarsi a questo modo divino di esercitare il potere, a questo modo d'essere di Dio stesso. Devono diventare uomini della verità, del diritto, della bontà, del perdono, della misericordia. Devono domandarsi: con che cosa servo io la presenza di Dio nel mondo? Devono imparare a perdere se stessi in modo da trovare se stessi. Devono imparare a lasciarsi guidare da Dio: è qui il segreto del Natale-Epifania, festa della luce.
Quando si è consapevoli di essere condotti dal Signore, il cuore sperimenta una gioia immensa e una pace vera: da qui nasce il desiderio vivo di prostrarsi innanzi al Bambino di Betlemme. Se in questo Bambino, che Maria stringe tra le braccia, i magi riconoscono e adorano l'atteso delle genti annunziato dai profeti, noi oggi possiamo adorarlo nella Santissima Eucaristia e riconoscerlo come nostro Creatore e Salvatore, unico Signore.
Ed infine, i doni che i magi offrono al Messia simboleggiano la vera adorazione. Mediante l'oro, infatti, essi ne sottolineano la regalità divina. Con l'incenso, invece, essi lo confessano quale sacerdote della nuova alleanza. Infine, offrendo la mirra, questi nobili sapienti dell'Oriente, celebrano il profeta che verserà il proprio sangue per riconciliare l'umanità con il Padre.
Ebbene, nella solennità dell'Epifania, festa della luce e della manifestazione del Signore nella sua gloria, i magi, come vuole la tradizione cristiana orientale, sembrano dirci: «Non è la conoscenza che illumina il Mistero, ma è il Mistero che illumina la conoscenza». Amen!