Omelia (15-04-2003)
padre Lino Pedron
Commento su Giovanni 13, 21-33.36-38

Gesù aveva già parlato in modo enigmatico dell'amico intimo che lo avrebbe tradito (cfr Gv 13,18), ma ora che denuncia chiaramente il traditore è preso da un turbamento profondo. Questa denuncia così chiara del traditore provoca grande costernazione nel gruppo dei discepoli: essi ignorano di chi stia parlando Gesù.

Il discepolo, "quello che Gesù amava" (v.23) si trovava a mensa a fianco del Signore. Secondo l'usanza greco-romana, diffusa anche in Palestina, i commensali stavano adagiati sui divani, poggiandosi sopra il gomito sinistro, mentre con il braccio destro prendevano i cibi e le bevande.

In questo brano appare per la prima volta sulla scena questo discepolo innominato, del quale si parlerà anche nel seguito del vangelo: nel brano della morte di Gesù (19,26ss), nella scoperta della tomba vuota (20,2ss) e nel brano della pesca miracolosa (21,7).

Gesù accoglie la richiesta del discepolo e indica il traditore. Satana entrò nel cuore di Giuda dopo che questi ha mangiato il boccone offerto da Gesù. Il nemico di Dio si impossessa del traditore, immergendolo nelle tenebre dell'incredulità e dell'odio, fino alla consumazione del delitto più grande: l'uccisione del Figlio di Dio (19,11).

Con l'ingresso di satana nel cuore di Giuda, gli eventi precipitano; per questo Gesù esorta il traditore ad affrettarsi nell'attuare il suo disegno criminoso. Il traditore esce dalla luce, abbandona il Cristo luce del mondo (8,12) e si immerge nelle tenebre della notte (v.30). Nel cuore di Giuda si è spenta la luce della fede; in lui regnano le tenebre dell'incredulità e dell'odio. E' notte!

Appena il traditore è uscito, Gesù apre il cuore ai suoi amici che lo circondano. Egli è consapevole di essere giunto alla vigilia della sua morte e per questo si premura di spiegare loro il vero significato della sua partenza da questo mondo. La sua morte in croce non è la sua sconfitta, ma il suo trionfo, la sua glorificazione e il suo ritorno al Padre. Con la sua passione e morte Gesù esegue con obbedienza eroica il piano di salvezza voluto dal Padre e dimostra fino a che punto ama Dio e gli uomini.

Attraverso la glorificazione di Gesù si compie anche la glorificazione del Padre. Dio è glorificato per mezzo di Gesù e in Gesù. Il Padre è glorificato dal Figlio con l'esaltazione di Gesù sul trono regale della croce. Da questo trono Gesù manifesta in pienezza la sua divinità (8,28) e attira tutti a sé (12,32).

L'appellativo "figlioli" (v.33), usato da Gesù, esprime tutto l'amore e la confidenza per i suoi discepoli. Gesù avverte i suoi amici che sta per lasciarli. In questo momento essi non possono seguirlo; lo raggiungeranno più tardi.

Il ritorno di Gesù al Padre non è un viaggio di piacere, ma di dolore: egli allude alla sua passione e morte. Pietro al momento presente non è in grado di imitare Gesù, nonostante la sua protesta di fedeltà fino al sacrificio della vita; egli lo seguirà con la prigionia e la morte, ma in seguito.

Data l'insistenza di Pietro nell'affermare la sua fedeltà a Gesù fino al sacrificio della vita. Il Signore gli predice l'imminente rinnegamento. Il riferimento al canto del gallo vuole indicare con chiarezza che Pietro rinnegherà tre volte Gesù proprio in quella stessa notte.