Omelia (01-01-2023)
don Luca Garbinetto
Pace è custodia

"Trovarono Maria e Giuseppe e il bambino." (Lc 2,16).


Al canto degli angeli, al loro invito ad accorrere a Betlemme, i pastori rispondono scapicollandosi in fretta verso il luogo che li attende. Ciò che trovano è una famiglia: un bambino, come era stato loro annunciato, ma non da solo, bensì con mamma e papà. Trovano l'intimità di relazioni semplici e profonde, l'icona di rapporti essenziali perché generativi di vita nella riservatezza dell'evento.

Questo è il segno, anzi la conferma che la pace annunciata si compie: un dinamismo quotidiano e nascosto di affetti autentici, di reciproco dono. Nulla di vistoso o esuberante, bensì il silenzio che fa spazio agli sguardi e all'ascolto. In questa atmosfera, densa e senza fronzoli, abitata da ciò che vi è di più necessario perché esista la vita umana, scaturisce la pace. O semplicemente si respira, perché la si trova. I pastori vanno e trovano la pace.


Dunque la pace è dono che ci precede

Se in qualche modo la si vuole conquistare, allora bisogna entrare in una logica di accoglienza, non di volontarismo o di imposizione. La pace venuta e annunciata dall'Alto, l'unica pace che può essere duratura, esige da noi solamente (e decisamente) di essere custodita.

"Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore." (Lc 2,18).

C'è da stare dalla parte di Maria. Questo insegna appunto la Madre. Pace è custodia, e questo implica un cambiamento di rotta.

Perché la custodia presuppone che si riconosca un tesoro da proteggere e conservare. E il tesoro si riceve, si scopre, si incontra senza averne preconfezionato la forma. È sorto dall'Alto, quale sole che riscalda, ma prima ancora sorprende e commuove di colori nell'alba. È il bambino, cioè carne fragile e tenerissima, che nel donarsi invoca presenza e cura. La custodia è risposta, ma essenziale affinché la domanda non sfugga e il dono rimanga.


Dio è domanda aperta, appello alla nostra libera risposta

La custodia però non serve ad archiviare, sottrarre, impedire l'accesso. Deve essere sempre pronta a rendere fruibile il tesoro, quel dono che perde valore se diventa proprietà privata. Anche - e soprattutto - la bellezza, che non si vende, trova il suo significato se qualcuno la contempla. Il bambino, che è la Pace divenuta corpicino, è venuto perché i pastori, avanguardia dell'umanità intera, possano goderne la piccolezza che commuove. Si riconosce custodendo il valore della fragilità, ma ancora più profondamente l'ineludibile fascino del diverso.


La custodia, ci mostra Maria, è operosità nell'interiorità

Meditare indica accogliere, approfondire, cercare senso e significato. Non è un'attività puramente intellettuale, ma è creatività del cuore, dunque degli affetti e delle decisioni. Maria custodisce il bambino e ciò che da lui scaturisce, perché custodisce una pace fatta di scelte concrete. E Giuseppe - lo sappiamo - sarà sempre al suo fianco. La pace comporta azioni, gesti, e soprattutto decisioni coraggiose, che però sgorgano da una capacità di interiorizzare e leggere (intus-legere: leggere dentro i fatti e le persone) che ha il sapore dell'agire dello Spirito. Per questo bisogna farle insieme.


La custodia, quindi, non presuppone certezze, ma affidamento

La sicurezza di chi si appoggia alla fonte della vita: il Padre. Custodire, infatti, è garantire lo spazio necessario per l'incrociarsi di volti e di parole, dell'odore tipico della persona che mi si "para" davanti. Così l'altro ha il permesso di esistere, di mostrarsi, di rivelarsi senza timore; e anche a me è concesso di allenarmi nel dare, il che in fondo costituisce l'unica palestra dell'amore. Nella custodia si gioca la partita della fiducia, nella quale l'essere umano trova quanto gli serve e quanto gli basta per scoprirsi ed essere se stesso, per diventare ciò che la Vita - quella vera - gli ha proposto di divenire. Quanta pace scaturisce dall'esperienza di poter essere senza remore se stessi, amati e amanti nella reciprocità del dono!


La custodia è allora l'atteggiamento dell'operatore di pace

Si rivolge a chiunque stia di fronte, accanto, o attraversi il sentiero del suo camminare. Protegge, scopre, ascolta, accoglie e ridona la bellezza dell'altro, aiutandolo a vivere, cioè a essere se stesso.
Questo dinamismo, trasformato in stile quotidiano, alberga la casa di Nazareth, oltrepassando la notte di Betlemme; contagia i pastori, che divengono angeli annunciatori di pace; rivela in fondo la familiarità dell'uomo e della donna con Colui che della Pace è il donatore.

Signore Gesù, che ci sia questa tua Pace nel mondo!