Omelia (01-01-2006) |
mons. Antonio Riboldi |
Maria, Regina della pace, aiutaci! Viene da ringraziare il Signore, nelle cui mani è la vita di tutti noi, perché ci fa il dono di entrare nel nuovo anno. Per Dio, ogni attimo è come un gesto di amore che ci fa con il solo scopo di amarLo. E amore è sempre e solo costruire gioia del cuore e pace. Abbiamo lasciato alle spalle un difficile anno, punteggiato da tante ombre che vanno da una violenza che è l'oscura nube che si estende sulla terra, al terrorismo che impedisce la serenità, alla crescente criminalità di casa nostra che non conosce più il rispetto della vita e dei beni. Sembra di essere stati scippati da quel respiro del cuore, che è il solo vero respiro della vita. E' saggezza dare uno sguardo alla memoria, ossia al nostro passato, per verificare gli errori e le loro cause, ma nello stesso tempo affidare tutto alla immensa misericordia del Padre, chiedendoGli di farci da guida nel futuro. E' anche giusto, se ci crediamo, dire un grande Grazie al Padre, non solo per il dono della vita, ma per tante cose buone che certamente abbiamo fatto e che sono sempre frutto di un amore impercettibile di Dio. Non tutto è male nella nostra vita. C'è sempre del bene che forse non avvertiamo, quasi dando ragione al proverbio che dice: "fa molto rumore un albero che cade: non ne fa la foresta che cresce". E se con gli occhi del cuore diamo uno sguardo non solo a noi, ma anche al mondo intero, è davvero grande la foresta di bene che si compie negli individui, nelle famiglie, nella società, nel mondo. Basterebbe pensare per un attimo al grande bene che fanno i volontari, ovunque, cui va il nostro ringraziamento, le tante associazioni che si occupano delle necessità e delle povertà, davvero numerose nel mondo, i testimoni della carità che sono la vera frontiera della pace. Lì, dove regna l'amore è la pace. Non resta che schierarci tutti, anche nel quotidiano, su questa frontiera, cominciando dalle nostre famiglie. E a voi, carissimi miei amici, che illuminate le vostre vie con la Parola di Dio, che ogni settimana ricevete, come a tutti i vostri cari, rivolgo il saluto che la Chiesa vi dà oggi: "Il Signore si rivolse a Mosé dicendo: Parla ad Aronne, ai suoi figli e riferisci loro: Voi benedirete così gli Israeliti e direte loro: Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace" (Num 6,22-27). "La pace, è nel messaggio del Santo Padre per la giornata della pace, è anelito insopprimibile di ogni persona, al di là delle identità culturali. Proprio per questo ciascuno deve sentirsi impegnato al servizio di un bene tanto prezioso, lavorando perché non si insinui nessuna falsità ad inquinare i rapporti. Tutti gli uomini appartengono ad un'unica e medesima famiglia. L'esaltazione esasperata delle proprie differenze contrasta con questa verità di fondo. Occorre recuperare la consapevolezza di essere accomunati da uno stesso destino, in ultima istanza trascendente, per poter meglio valorizzare le proprie differenze storiche e culturali, senza contrapporsi ma coordinandosi con gli altri appartenenti alle altre culture. Sono queste semplici verità a rendere possibile la pace: esse diventano facilmente comprensibili ascoltando il proprio cuore con purezza di intenzione. La pace allora appare in modo nuovo: non come semplice assenza di guerra, ma come convivenza di cittadini in una società governata dalla giustizia nella quale si realizza per quanto possibile il bene anche per ognuno di loro" (n. 6). E' possibile impegnarsi tutti a coniugare verità e pace? E' questione di buona volontà, come continuano a cantare gli Angeli in cielo e quelli in terra, ossia gli uomini di pace. Come la violenza o la guerra sono la terrificante dimostrazione di dove può arrivare l'egoismo dell'uomo, l'amore a sua volta può, se vogliamo, innalzare cattedrali di pace ovunque: cattedrali che abbiano quattro pilastri: ricerca appassionata della verità, libertà per tutti, quella vera, giustizia e solidarietà. E' possibile. Insieme. Ho vissuto durante l'ultimo conflitto mondiale la paura dei bombardamenti, a Torino. Era un incubo tale da avere voglia a volte di lasciarsi morire. Eppure, ricordo, nella mia classe, terza liceo, convivevamo giovani qualsiasi, giovani partigiani, giovani appartenenti alle agenzie spionistiche delle SS italiane e tedesche. Si fece un patto tra di noi. Essere amici, pronti a difendersi gli uni gli altri, dimenticando in nome dell'amicizia le diversità che c'erano. E ci furono momenti difficili in cui questa fedeltà venne messa alla prova e il patto fu sempre rispettato, anche dopo il 25 aprile. Così come ho visto in un rastrellamento alla Sacra di S. Michele, in Val di Susa, lo sguardo pieno di odio di alcuni delle SS, che cercavano, senza trovarli, un partigiano ed un ebreo, che avevamo nascosto bene nella abbazia. Era immenso l'odio, al punto che avevano in animo di fucilarci. Eravamo 11 persone! Non dimenticherò mai quegli occhi...come non dimenticherò mai gli occhi di mamma e di tanti amici che sembrano una sinfonia celeste di gioia e pace. E la certezza della pace nasceva proprio da quegli sguardi buoni, ieri, oggi, sempre. Scriveva don Tonino Bello, vero testimone di pace: "Pace è il frutto di quella che oggi viene chiamata "etica del volto", un volto da riscoprire, da contemplare, da provocare con la parola, da accarezzare. Pace è vivere radicalmente il "faccia a faccia" con l'altro. Non il teschio a teschio. Vivere "faccia a faccia" non con occhi iniettati di sangue, ma con l'atteggiamento del disinteresse. Pace, perciò, è deporre l'io dalla sua sovranità, fare posto all'altro e al suo indistruttibile volto, instaurare relazioni di parole, comunicazioni, quelle che categorie mistiche esprimevano con la parola svuotamento, abbandono". E ricordava: "Il cantiere della pace non ferve là dove si snoda il traffico della vita quotidiana e povera. Non nelle cancellerie dei potenti. O nei trattati delle diplomazie. O negli astuti compromessi delle delegazioni. Ma strada facendo. Quasi per invitare tutti i poveri gettati sul lastrico dai soprusi dei ricchi, a non lasciarsi espropriare dell'unico bene di cui possono ancora disporre. E per ammonire i potenti che non possono più perseguire logiche di violenza e di guerra senza dover fare i conti, prima o poi, con la coscienza popolare" (Il volto della pace). Occorre allora che tutti torniamo a deporre ogni forma di divisione, che è il fossato tipico delle guerre: è anche l'indifferenza, che sceglie di "vivere in pace senza gli altri", che è già guerra silenziosa: ma avere il coraggio di occupare le strade della storia con la verità, la giustizia, la libertà e la solidarietà. Tutti insieme, perché "senza pace non possiamo vivere". E' bello dare inizio al nuovo anno, in nome della pace, fondata sulla verità, facendo festa a Maria, Madre di Gesù. E' stato certamente unico e inimitabile il suo amore per Gesù, il Figlio che Dio stesso le aveva donato. Come deve essere immenso il suo dolore, per lei, Madre di tutti gli uomini, vedere che nel nostro mondo, secondo l'UNICEF, vivono ben 150 milioni di bambini senza identità, privi di certificati e milioni di bambini costretti alle armi o al lavoro. Maria, la Mamma, ha conosciuto il rifiuto degli uomini quando fu costretta a partorire in una grotta. Così come conobbe la fuga in Egitto e quindi l'emigrazione, per sfuggire ad Erode, e conobbe l'umiliazione e la morte del Figlio in croce. E' una Mamma che credo conosca tutte le gioie e le sofferenze delle mamme del mondo: di quelle gioiose e di quelle la cui vita non sa cosa sia gioia o amore. Le ricordiamo tutte, oggi, senza eccezione, offrendo il nostro cuore e la nostra preghiera, che giriamo a Maria, perché si faccia vicina a ogni mamma felice o no. Lei sa come consolare i figli. Le mamme hanno un intuito e una tenerezza inimitabili. Ed è bello oggi pregare con S. Francesco: "Signore, fa di me uno strumento della tua pace; dov'è odio che io porti l'amore, dove è offesa che io porti perdono, dove è discordia, che io porti l'unione, dove è l'errore, che io porti la verità, è il dubbio che io porti la fede, dove è disperazione che io porti la speranza, dove è tristezza che io porti la gioia, dove sono le tenebre, che io porti la luce. Signore, che io cerchi non tanto di essere consolato, quanto di consolare; di essere compreso, quanto di comprendere; di essere amato, quanto di amare. Poiché è donando che si riceve; è perdonando che si è perdonati, è morendo che si risuscita a vita eterna". |