Omelia (30-01-2002) |
Casa di Preghiera San Biagio FMA |
Dalla Parola del giorno Quelli che ricevono il seme su terreno buono, sono coloro che ascoltano la parola, l'accolgono e portano frutto nella misura chi del trenta, chi del sessanta, chi del cento per uno. Come vivere questa Parola? E' una delle parabole più note dei vangeli. Il finale è più che positivo, è solare (si tenga conto che in Palestina, in un'annata eccezionale si arrivava ad ottenere il dodici per uno); tuttavia è facile che il racconto produca un'ombra di pessimismo nel lettore: chi, in coscienza, sente di poter riconoscersi nel "terreno buono"? Chi non trova in se stesso "strada", "sassi", o "spine"? Alla luce della parabola, dunque, chi può sperare per sé che la Parola arrivi a portare frutto? La difficoltà è legata senz'altro a una cattiva interpretazione della pericope. Viene infatti quasi spontaneo identificare ciascuna tipologia di terreno con una determinata persona: questi è un terreno sassoso, quello è un roveto, e così via. Si scivola, senza accorgersene, in una interpretazione gnostica: alcune persone sono buone, altre cattive. Per non cadere nell'errore, occorre cambiare prospettiva: tutti e quattro i tipi di terreno sono in ciascuno di noi. Per dirla con il Manzoni: il nostro cuore è davvero un "guazzabuglio". Ma ecco la buona novella annunciata dalla parabola: per quante difficoltà possa incontrare la Parola dentro di noi, essa alla fine porterà frutto, e in abbondanza! Oggi, nella mia pausa contemplativa, concentrerò lo sguardo non sui terreni cattivi che sono dentro di me, ma sulla forza della Parola: è per la sua virtù, per la sua vitalità, che la riuscita finale è assicurata, anche in me. La voce di un fisico vittima del nazismo La felicità è un dono, una benedizione, discesa sull'uomo non a causa del suo merito, ma per la gratuità di Dio. (P. Landsberg) |