Omelia (08-01-2006) |
padre Gian Franco Scarpitta |
L'inutilità del peccato come via alla conversione . Citando il suo predecessore Benedetto XV, recentissimamente il Papa ha esposto fra ragioni principali per cui si debbano evitare conflitti sanguinosi, oltre all'orrore del sangue e alle aberrazioni suscitate dalla violenza, anche il concetto di "inutilità bellica". Se vi è infatti un'idea che potrebbe rendere tutti persuasi dell'assurdità del rumoreggiare delle armi e della deprezzabilità degli spargimenti di sangue questa è appunto quella dell "inutile strage", per la quale si dissemina il terrore, si mietono vittime innocenti, si cospargono le strade di sangue costringendo alla fame interi nuclei della comunità umana senza che di fatto questo orrore raggiunga l'obiettivo per cui è stato fatto esplodere; senza che cioè si giunga alla soluzione delle problematiche per le quali ci si uccide gli uni gli altri. L'inutilità della guerra dovrebbe contribuire alla riduzione dei ricorsi bellici e all'accrescimento delle condizioni della pace. Senza che ci distogliamo poi di molto dal tema suddetto, aggiungiamo che il concetto di inutilità dovrebbe essere (e di fatto per fortuna lo è in molti casi) la motivazione fondamentale per cui l'uomo possa rompere con il peccato: se la peccaminosità è riscontrabile presso tutti gli uomini poiché questi ne sono naturalemnte caratterizzati, dall'altro canto non si può non sottolineare che ogni volta che si ricorre al peccato non si fa' altro che sperimentare la condizione di vacuità e irrisolutezza che il peccato stesso comporta, perché passeggero e foriero di illusorie certezze. Tutte le volte che personalmente noi si compie il male di qualsiasi tipo, non subentra forse in un secondo momento il senso di insoddisfazione per non esserci appagati pienamente, oppure per aver trovato sollievo solo per alcuni istanti? Come si suol dire, il crimine non paga. Analogamente, neppure la cattiveria, il male commesso verso gli altri, l'egoismo, la prevaricazione e ogni altra forma di malvagità saranno mai in grado di renderci soddisfatti in pienezza e anzi molte volte accrescono in noi patemi e acredini a motivo dei nemici che ci siamo creati. Non avviene forse che, tutte le volte che ci si lasci abbindolare dal piacere venereo del sesso, si riscontri dopo un po' un senso anche leggero di insoddisfazione e di vacuità dovuto alla brevità del momento piacevole? Una volta che lo si è compiuto, non rimane più nulla, se non (appunto) il senso di inutilità. E siamo sicuri che tale senso di smarrimento e di vanità non lo riscontra anche chi vive lontano dai sacramenti e dalla vita ecclesiale, privo di qualsiasi riferimento etico e religioso? Molte volte chi è lontano dal coltivare la propria salute spirituale vive il suo quotidiano nella morsa delle ansie, delle tensioni e delle eccessive preoccupazioni che suscitano continui nervosismi e permalosità, soprattutto a causa delle immancabili sfide della vita quotidiana che freneticamente ci assilla; in tal senso non solo si riscopre l'inutilità di essere lontani da Dio, ma a lungo andare si riscopre anche l'utilità di fare ricorso a lui per la nostra vita. Questo è quanto la mia esperienza pastorale conferma. Potremmo paragonare il peccatore ad uno sprovveduto che si tuffa sulla moda del momento, procurando di essere continuamente al passo con i tempi e all'altezza dei suoi contemporanei nella scelta dei prodotti di consumo; tuttavia... la moda dura quanto dura. Ad un certo punto cesserà per lasciare spazio ad altre mode, lasciando solo un pugno di mosche in mano che sorvolano un ridicolo senso di vuoto. Ed è questo in fondo che Dio vuole comunicare all'uomo mentre lo chaima a conversione secondo un progetto di riconciliazione e di salvezza: la scelta del peccato non solo offende la gloria e la maestà divina e si rivela lesiva in tutti i casi ai suoi simili, ma si riscontra anche inutile e banale, perché lontana dal garantire felicità, realizzazione o affermazioni in senso pieno, e in futuro non potrà che recare dannazione procurate, se ostinata e irremovibile. Occorre convincersi che non si può fare a meno di Dio oppure (il che è lo stesso) essere persuasi che le sole forze umane non riescono nella progettualità del nostro e dell'altrui bene ma che solo la Parola di Dio ascoltata e messa in pratica con fiducia è possibile di certezze e soddisfazioni continue. Questo è l'appello di Dio che da sempre attende un risposta chiara e precisa da parte dell'uomo, che si equipari a quella data a Giovanni Battista da parte della moltitudine che accorre al Giordano per farsi battezzare con acqua. Che cosa voleva dire quell'atto? Era simbolo di una avvenuta radicale conversione in seguito alla riscoperta dell'assurdità del peccato, della sua insulsaggine e vanità e della disposizione alla novità di vita che veniva ad apportare il Messia. Ma osserviamo l'atteggiamento di quest'ultimo: egli è Dio salvatore vincitore del peccato, della morte e di ogni altra umana insignificanza; potrebbe egli stesso amministrare il Battesimo di Giovanni e imporre immediatamente a tutti una rigida disciplina di vita, eppure fa' la fila con gli altri peccatori davanti al profeta e si lascia bagnare il capo nonostante le obiezioni di quest'ultimo... Perché lo fa? Rammentiamo quello che abbiamo detto poc'anzi: la conversione vuole che ci si convinca della falsità del peccato per la scelta di Dio. Ebbene, in Cristo Dio non intende persuaderci sotto il solo aspetto teorico e concettuale, ma vuole anche condividere la vita dei peccatori, conversare con loro, camminare in mezzo a loro e accanto a loro anche convivere, e allo scopo di convertirlo per condurlo alla salvezza, nel suo Figlio Gesù Cri Dio si intratterrà poi con l'uomo peccatore nella fattispecie del pubblicano, della prostituta, dell'empio, del lebbroso considerato colpevole di pecchia morale e di ogni uomo avvinto da qualsiasi miseria, restando tuttavia sempre se stesso, il Figlio di Dio unico ed impeccabile. Non soltanto si è umiliato al punto da spogliare se stesso (Filippesi) per caricarsi il fardello della carne umana, ma ha mostrato umiltà ed umiliazione nell'esperire la condizione provata dal peccatore nel momento che si converte a Dio e proprio questa sua umiltà è di sprone a noi tutti che adesso aderiamo a Lui nella scelta del SUO Battesimo di rinnovamento di vita: l'umiltà è la prima condizione per riconoscerci noi peccatori e bisognosi dell'assistenza dall'Alto per menare un radicale cambiamento di vita nell'ottica dell'amore e della giustizia e chi non è umile certamente non si è convertito. Tutta la vita di Gesù, ma specialmente questa scelta circostanziale della ricezione del Battesimo è un invito per noi alla riscoperta dell'amore di Dio nei nostri riguardi, alla fuga dalla realtà del peccato fautore di false illusioni e alla novità di vita che apporta lo stesso Cristo nel renderci Figli di Dio. Essa fornisce altresì la consapevolezza che Dio è sempre dalla parte dell'uomo nonostante questi prediliga le vanità del male affinché l'uomo recuperi se stesso e la propria dignità al di fuori di una vita inutile. |