Omelia (06-01-2006) |
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Conducimi, luce gentile La Colletta di questa Solennità sembra l'invocazione fievole e soave di chi chiede di essere accompagnato per i sentieri della verità. Non è un grido; non è un lamento. E' un'umile richiesta perché Dio voglia benignamente aiutarci a 'contemplare il mistero della sua gloria'. In poche parole, sembra riascoltare sant'Anselmo quando riconosce davanti al Signore che, se il suo cuore lo cerca, è perché ancor prima Dio stesso lo aveva cercato e toccato. La solennità dell'Epifania celebra, infatti, tutto la gioia e il dramma del mistero della salvezza: Dio che si rivela, va incontro a tutti gli uomini - nessuno escluso -, ed essi che, a tinte variegate, gli rispondono per come sanno, come possono e come vogliono. E' la domenica della fede che cerca e scruta e che non si arrende di fronte ad un mondo che distoglie o ad un cuore che è distratto. E' venuto per tutti. Il popolo di Israele sembra schiacciato nella sua solitudine e nella sua disperazione: non c'è più il tempio, non c'è più l'assemblea santa, non c'è più un popolo che adora e loda. Mille confusioni, mille tradimenti insidiano la fede in Jahwè. C'è soltanto, forte e coraggiosa, la voce di Isaia che annuncia la venuta di una luce particolare, capace di avvolgere tutti e tutto ed infondere speranza: grazie ad essa tutto risplende; dietro ad essa tutti camminano; alla sua ombra gli uomini vengono rigenerati. Questa luce, però, non è per pochi; non è per un gruppo ristretto di persone; non è circoscritta nei gangli di un cuore ripiegato o egoista. E' per tutti! Ad essa verranno da Madian, da Efa', da Saba. Va detto, senza paura di fondamentalismo. Il Dio di Gesù Cristo rivela il volto universale del Padre, che abbraccia ogni uomo e tutti gli uomini in uno sguardo allargato che avvolge tutti. Riuscissimo noi cristiani a creare integrazione, nel nome di Dio, fra tutti gli uomini. Riuscissimo ad accorgerci che la verità va al di là di noi stessi, del nostro piccolo orto, delle nostre piccole affermazioni o intuizioni teologiche. E che Dio è ovunque, il suo sguardo abbraccia l'universo intero. Che bello sapere e convincerci che il Signore Gesù è venuto per tutti ed è di tutti e vuole che ogni uomo lo incontri, lo conosca, lo ami e lo segua secondo le acquisizioni della propria coscienza! E grazia su grazia. In questi giorni abbiamo contemplato la Vergine Maria, chiamata nella Scrittura 'checaritomené (la piena di grazia). Potrebbe essere Lei ad aiutarci a capire il senso della II lettura di oggi: il ministero della Grazia non è altro che quanto Maria ha ricevuto e accolto. Ogni uomo è chiamato a partecipare al mistero di Dio - la stessa eredità per tutti - e ad essere partecipi della promessa della redenzione in Cristo. Se volessimo provare a sintetizzare, potremmo dire che essere cristiani è un dono gratuito di Dio, che ha deciso di amare gli uomini e dare loro ogni possibilità di riscatto e di salvezza. Teologia e antropologia qui si intrecciano. Siamo chiamati a capire e a rispondere alla domanda sull'identità più profonda dell'uomo - cosa lo soddisfa e lo realizza in pieno - e, parimenti, a scrutare, sebbene balbettando, il mistero del Dio bambino, venuto a salvare tutti gli uomini. Dio è un abbondante e inestinguibile pozzo, dove ogni uomo può attingere la forza del cammino e la sapienza della vita. E quando potrà avvenire tutto ciò? Sempre. Un pozzo di 'grazia su grazia'... Prostratisi, lo adorarono. I Magi sono il segno dell'uomo che cerca. Dell'uomo che cerca sempre e non si lascia intimorire da nessuna banalizzazione o da nessuna opposizione agli intenti del proprio pellegrinaggio. Dio va cercato. E, alla fine, lo si trova. E, una volta trovato, non c'è altro atteggiamento che quello dell'adorazione. Adorare Dio è riconoscere la sua bontà e la sua necessità. Sembra che questo nostro mondo non ne abbia più bisogno o, se lo cerca, lo cerca con immagine stereotipate di tornaconti culturali o ideologici che ci spaventano e ci preoccupano. Se cerchi Dio, occorre però riconoscerlo. Oro, incenso e mirra ne rivelano la sua identità: è come se i magi, cercatori intelligenti del mistero di Dio, abbiano compreso - e vogliano dimostrarlo a noi - che il volto di Dio assume la fattezze della vita di Gesù Cristo. L'oro ne rivela la regalità; l'incenso la divinità; la mirra il mistero, inaudito quanto inaccettabile, della sua morte redentrice. Che idea abbiamo di Dio? Nella 'dittatura del relativismo', compaiono immagini e interpretazioni di Dio che, a volte, non sfociano nel mistero trinitario del Dio di Gesù Cristo. Adeguarsi a ciò vuol dire ripercorrere strade omologanti. Adorarlo sul serio vuol dire, invece, 'fare ritorno al proprio paese per un'altra strada'. Siamo noi cristiani alternativi o omologati? Cercare Dio vuol dire incontrarlo nel mistero di Gesù di Nazareth. Non c'è altra strada! E questa strada è per tutti i 'magi' di questo nastro tempo! |