Omelia (24-06-2023) |
Omelie.org - autori vari |
COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Francesco Botta Oggi celebriamo la natività di Giovanni Battista, l'unico santo di cui la liturgia celebra la natività e la morte. Ci troviamo di fronte a un testimone autorevole che la Scrittura ci presenta come precursore di Cristo. I grandi santi hanno la funzione di aiutarci nel nostro itinerario cristiano, alla scoperta della nostra vocazione radicale ad essere amici di Dio. In questo tempo, in cui sembra che le figure di riferimento vengano meno, la sapienza della Chiesa non si stanca di proporre personalità che parlano di vangelo e profumano di Dio. Vogliamo quindi metterci alla scuola di Giovanni Battista per lasciarci aiutare nella scoperta della nostra unicità e dell'amicizia alla quale Cristo ci chiama. Ci lasciamo aiutare da tre dimensioni che la Scrittura ci offre oggi, attraverso le letture proposte dalla liturgia. La prima dimensione è quella del "pensiero di Dio". La prima lettura, tratta dal profeta Isaia, ci ricorda che da sempre siamo pensati e amati da Dio: ‹‹il Signore dal seno materno mi ha chiamato›› (Is 49,1). A volte ci dimentichiamo questa verità: siamo pensati e amati da Dio. Spesso ci convinciamo che la preghiera sia rivolgere un pensiero a Dio, quando ci farebbe tanto bene, invece, fermarci e riconoscere che siamo pensati da lui. Il salmo stesso, il 138 (139), così recita: ‹‹mi hai tessuto nel grembo di mia madre››. Dobbiamo la nostra esistenza e la nostra vitalità a questo essere pensati, che sorpassa ogni nostra immaginazione. Lo stesso Gesù, di fronte alla rivelazione che il Padre concede ai piccoli, esulta e rende lode: sperimenta lo stupore per i piccoli. Dio prova stupore per noi, ci pensa come colui che più ci ama. Sapere di essere pensati da una persona che ci ama e che amiamo ci fa bene. La natività di Giovanni Battista ci ricorda proprio questo: siamo pensati da Dio sin dal grembo materno. La seconda dimensione è "essere chiamati per nome". Il nome nella cultura biblica contiene l'identità e la vocazione della persona. Chiamare una persona per nome significa volerle bene, considerarla. È brutto quando non ci ricordiamo il nome di qualcuno o quando ci rendiamo conto che qualcuno non si ricorda il nostro. Il nome dice la dignità della persona. A volte vogliamo pretendere di dare il nome a coloro che abbiamo accanto, come se fossimo noi a dire l'identità e la vocazione di qualcuno che vogliamo per noi. L'altro rappresenta in ogni caso un mistero che non possiamo contenere. Nel racconto evangelico di oggi succede proprio questo: i presenti pretendono di dare il nome al figlio di Elisabetta e Zaccaria. L'esperienza di questi genitori ci dice che è Dio a darci il nome; è lui che ci chiama, che riconosce la nostra unicità e vocazione. La vita è un mistero grande e la natività di Giovanni Battista ci dice che questa vita ci raggiunge anche nelle situazioni più critiche ricordandoci che è Dio che ci chiama a questa pienezza. La terza dimensione è "crescere nella grazia". Il nome Giovanni contiene in sé l'opera di grazia che Dio desidera realizzare. Dio ha fatto e farà grazia. Il nome che Dio sceglie di dare al figlio di Elisabetta e Zaccaria indica da dove proveniamo e verso dove camminiamo: Cristo. È lui che entra immediatamente nella vita di Giovanni, già da quando Maria andò a trovare Elisabetta per portarle il lieto annuncio. La grazia ci raggiunge là dove siamo e così come siamo. La grazia di Dio è il suo modo di volerci bene: la sua benevolenza. È bello pensare che ciascuno di noi, sin dal grembo materno, abbia ricevuto la visita di Cristo. È lui che ci aspetta quando la vita ci apre la porta. È lui che ci accompagna quando attraversiamo il deserto. È lui che ci ama chiamandoci per nome. La natività di Giovanni Battista ci aiuti a riscoprire che siamo nati per amore e che questo amore è pura grazia. Anche per noi vale la parola che oggi il vangelo rivolge a Giovanni: ‹‹davvero la mano del Signore era con lui›› (Lc 1,66). |