Omelia (06-01-2006)
Omelie.org (bambini)
Commento Matteo 2,1-12

Che significa "Epifania"?

Carissimi bambini, per moltissime persone la festa di oggi ha un nome strano: Epifania.Sapete cosa vuol dire questa parola? È una parola greca che significa "manifestazione".
La manifestazione avviene quando le persone si radunano per una cosa importante e desiderano che tutti la conoscano e la possano vedere. Può essere una manifestazione di protesta, oppure una manifestazione di solidarietà, oppure una manifestazione di spettacolo...
Nel nostro caso, cioè nella festa dell'Epifania, abbiamo una manifestazione di divinità.
Appaiono infatti nel Vangelo – e anche nel presepio – dei misteriosi personaggi: i re Magi, che vengono dall'oriente per inginocchiarsi davanti a Gesù bambino in rappresentanza di tutti i re e di tutti gli uomini della terra.
Dunque la festa di oggi, l'Epifania, è il titolo abbreviato di: "manifestazione di Gesù bambino come Figlio di Dio e perciò come Re e Salvatore di tutti gli uomini della terra".
Anche noi, oggi, come i re Magi siamo venuti in Chiesa per inginocchiarci davanti a Gesù bambino, presente col suo vero corpo nel sacramento della Comunione, riconoscendolo come nostro Dio e Salvatore.

Cosa ci insegnano i re Magi?

I re magi vengono da lontano, affrontano un lunghissimo viaggio e passano attraverso tante difficoltà pur di incontrare Gesù.
I re magi ci insegnano allora per prima cosa quanto è importante venire alla Messa la domenica per adorare Gesù... Ci insegnano che bisogna mettersi in viaggio verso la Chiesa anche se fa freddo, anche se piove, anche se sono stanco perché Gesù è più importante di tutto e di tutti, perché Gesù è Dio.
I re magi provano una "grandissima gioia" al vedere Gesù...
Così ci insegnano una seconda cosa molto importante. E cioè che dovremmo venire alla Messa e poi uscire dalla chiesa pieni gioia! Vogliamo essere come "re magi" oppure "re magi"? Certe volte le nostre facce all'entrata o all'uscita dalla Messa sembrano più quelle dei re mogi che dei re magi... Vogliamo contagiare la gioia di incontrare Gesù?
I re magi non si presentano a mani vuote.. anzi, portano a Gesù bambino dei regali preziosi: "oro, incenso e mirra".
I re Magi ci insegnano questa terza cosa molto importante: che anche noi non possiamo venire da Gesù a mani vuote... La domenica dobbiamo portare a Gesù l'oro, l'incenso e la mirra.
Cioè: * l'oro delle nostre buone azioni compiute durante la settimana; l'incenso delle nostre preghiere; la mirra dei nostri piccoli sacrifici di amore.

* Visualizzare quest'ultima parte dell'omelia tirando fuori da uno scrigno un cartoncino di colore giallo che da un lato presenta la scritta ben leggibile "ORO" e sul retro: "buone azioni"... Queste sono le uniche monete che hanno valore nel regno di Dio! Un altro cartoncino, di colore azzurro, porterà da una parte la scritta "INCENSO" e dall'altra "preghiere"... Queste sono l'unico profumo che sale verso il cielo e che piace a Dio. Sul terzo cartoncino, di colore verde, si troverà scritto "MIRRA" e sul retro "piccoli sacrifici d'amore"... La mirra è una pomata preziosa usata come medicina e per seppellire i morti, infatti i sacrifici ci fanno stare un po' male.. certe volte ci sembra un po' di morire ed è proprio così, perché muore un po' del nostro egoismo! Però il nostro piccolo sacrificio di amore fa guarire e stare bene la persona per la quale l'abbiamo offerto.

La vera storia della Befana

Per moltissime persone la festa di oggi, sei gennaio, ha un altro nome: la Befana. Si tratta di una signora un po' brutta e molto anziana che porta i regali ai bambini mettendoli dentro una calza. Volete conoscere la vera storia della befana? Ora ve la racconto.
In un villaggio, non molto distante da Betlemme, viveva una giovane donna che si chiamava Befana. Non era brutta, anzi, era molto bella e aveva parecchi pretendenti... Però aveva un pessimo caratteraccio. Era sempre pronta a criticare e a parlare male del prossimo. Cosicché non si era mai sposata, o perché non le andava bene l'uomo che di volta in volta le chiedeva di diventare sua moglie, o perché l'innamorato – dopo averla conosciuta meglio – si ritirava immediatamente. Era, infatti, molto egoista e fin da piccola non aveva mai aiutato nessuno. Era, inoltre, come ossessionata dalla pulizia. Aveva sempre in mano la scopa, e la usava così rapidamente che sembrava ci volasse sopra. La sua solitudine, man mano che passavano gli anni, la rendeva sempre più acida e cattiva, tanto che in paese avevano cominciato a soprannominarla "la strega". Lei si arrabbiava moltissimo e diceva un sacco di parolacce. Nessuno in paese ricordava di averla mai vista sorridere.
Quando non puliva la casa con la sua scopa di paglia, si sedeva e faceva la calza. Ne faceva a centinaia. Non per qualcuno, naturalmente! Le faceva per se stessa, per calmare i nervi e passare un po' di tempo visto che nessuno del villaggio veniva mai a trovarla, né lei sarebbe mai andata a trovare nessuno. Era troppo orgogliosa per ammettere di avere bisogno di un po' di amore ed era troppo egoista per donare un po' del suo amore a qualcuno. E poi non si fidava di nessuno.
Così passarono gli anni e la nostra Befana, a forza di essere cattiva, divenne anche brutta e sempre più odiata da tutti. Più lei si sentiva odiata e più diventava cattiva e brutta.
Aveva da poco compiuto settant'anni, quando una carovana giunse nel paese dove abitava. C'erano tanti cammelli e tante persone, più persone di quante ce ne fossero nell'intero villaggio.
Curiosa com'era vide subito che c'erano tre uomini vestiti sontuosamente e, origliando, seppe che erano dei re. Re Magi, li chiamavano. Venivano dal lontano oriente, e si erano accampati nel villaggio per far riposare i cammelli e passare la notte prima di riprendere il viaggio verso Betlemme. Era la sera prima del 6 gennaio. Borbottando e brontolando come al solito sulla stupidità della gente che viaggia in mezzo al deserto e disturba invece di starsene a casa sua, si era messa a fare la calza quando sente bussare alla porta. Lo stomaco si strinse e un brivido le corse lungo la schiena. Chi poteva essere? Nessuno aveva mai bussato alla sua porta. Più per curiosità che per altro andò ad aprire. Si trovò davanti uno di quei re. Era molto bello e le fece un sorriso molto bello, mentre diceva: "buonasera signora, posso entrare?". Rimase come paralizzata sorpresa da questa imprevedibile situazione e, non sapendo cosa fare, le scapparono alcune parole dalla bocca prima ancora che potesse ragionare: "prego, si accomodi". Il re le chiese gentilmente di poter dormire in casa sua per quella notte e Befana non ebbe né la forza né il coraggio di dirgli di no. Quell'uomo era così educato e gentile con lei che si dimenticò per un attimo del suo caratteraccio, e perfino si offrì di fargli qualcosa da mangiare. Il re le parlò del motivo per cui si erano messi in viaggio. Andavano a trovare il bambino che avrebbe salvato il mondo dall'egoismo e dalla morte. Gli portavano in dono oro, incenso e mirra. "Vuol venire anche lei con noi?". "Io?!" rispose Befana.. "No, no, non posso". In realtà poteva ma non voleva. Non si era mai allontanata da casa. Tuttavia era lusingata che il re glielo avesse chiesto. "Vuole che portiamo al Salvatore un dono da parte sua?". Questa poi... Lei regalare qualcosa a qualcuno, per di più uno sconosciuto. Le sembrò di fare troppo brutta figura a dire ancora di no. E durante la notte mise una delle sue calze, una sola, dove dormiva il re magio. La mattina, all'alba, finse di essere addormentata e aspettò che il re magio uscisse per riprendere il suo viaggio. Era già troppo in imbarazzo per sostenere un'altra, seppur breve, conversazione.
Passarono trent'anni. Befana ne aveva appena compiuti cento. Era sempre sola, ma non più cattiva. Quella visita inaspettata, la sera prima del sei gennaio, l'aveva profondamente cambiata. Anche la gente del villaggio nel frattempo aveva cominciato a bussare alla sua porta. Dapprima per sapere cosa le avesse detto il re, poi pian piano per aiutarla a fare da mangiare e a pulire casa, visto che lei aveva un tale mal di schiena che quasi non si muoveva più. E a ciascuno che veniva Befana cominciò a regalare una calza. Erano belle le sue calze, erano fatte bene, erano calde. Befana aveva cominciato a sorridere quando ne regalava una e perciò non era più così brutta, era diventata perfino simpatica.
Nel frattempo dalla Galilea giungevano notizie di un certo Gesù di Nazareth, nato a Betlemme trent'anni prima, che compiva ogni genere di miracoli. Dicevano che era lui il Messia, il Salvatore.
Befana capì che si trattava di quel bambino che lei non ebbe il coraggio di andare a trovare.
Ogni notte, al ricordo di quella notte, il suo cuore piangeva di vergogna per il misero dono che aveva fatto portare a Gesù dal re magio: una calza vuota.. una calza sola, neanche un paio.
Piangeva di rimorso e di pentimento, ma questo pianto la rendeva sempre più amabile e buona.
Poi giunse la notizia che Gesù era stato ucciso e che era risorto dopo tre giorni. Befana aveva allora 103 anni. Pregava e piangeva tutte le notti, chiedendo perdono a Gesù. Desiderava più di ogni altra cosa rimediare in qualche modo al suo egoismo e alla sua cattiveria di un tempo. Desiderava tanto un'altra possibilità ma si rendeva conto che ormai era troppo tardi.
Una notte Gesù risorto le apparve in sogno e le disse: "Coraggio Befana! Io ti perdono. Ti darò vita e salute ancora per molti anni. Il regalo che tu non sei venuta a portarmi quando ero bambino ora lo porterai a tutti bambini da parte mia. Volerai da ogni capo all'altro della terra sulla tua scopa di paglia e porterai una calza piena di caramelle e di regali ad ogni bambino che, a Natale, avrà fatto il presepio e che, il sei gennaio, avrà messo i re magi nel presepio. Ma mi raccomando! Che il bambino sia stato anche buono, non egoista... altrimenti gli metterai del carbone dentro sperando che l'anno dopo si comporti da bambino generoso".
E la Befana fece così e così ancora sta facendo per obbedire a Gesù. Durante tutto l'anno, piena di indicibile gioia, fa le calze per i bambini.. ed il sei gennaio gliele porta piene di caramelle e di doni.
È talmente felice che, anche il carbone, quando lo mette, è diventato dolce e buono da mangiare.