Omelia (06-01-2006)
Antonio Pinizzotto
«Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo».

«Dio, da' al re il tuo giudizio, al figlio del re la tua giustizia» (Sal 72 [71],1 ).
Il Salmo 72, di cui abbiamo cantato alcuni versetti poc'anzi, veniva cantato nell'antico popolo d'Israele durante l'incoronazione del giovane re e si presentava come un augurio grande nei suoi confronti, augurio per un regno di pace duraturo, poiché nel suo volto si profila il volto del re perfetto, il "consacrato-messia", che sarà veramente giusto giudice dei poveri e abbatterà l'oppressore (v. 4).
La Liturgia ce lo consegna in questa solennità dell'Epifania del Signore in cui, attraverso l'adorazione dei Magi al Bambino di Betlemme, celebriamo la manifestazione di Dio a tutti i popoli della terra. Proprio quel Bambino è il "consacrato-messia" di Dio che il Salmo canta!
Purtroppo, rimane ancora travisato il genuino significato di questa solennità, in quanto la si lega alla festa della Befana ed alla tradizione dei "tre re" Magi, che molto probabilmente non furono tre e neppure re.
Vogliamo, invece, andare al cuore di questa giornata, che ha un respiro decisamente ecumenico. Ci sentiamo, infatti, molto legati ai fratelli della Chiesa d'Oriente, che celebrano oggi il Natale del Signore, là dove si è voluto esaltare del grande mistero dell'Incarnazione la manifestazione al mondo del Dio invisibile.
Soffermiamo, pertanto, la nostra riflessione sul brano evangelico che abbiamo ascoltato, cercando di non banalizzare questo testo, così come avviene di solito.

I Magi sono senza dubbio tra i personaggi biblici più cari alla tradizione cristiana, che nell'arco dei secoli ha collegato a questi misteriosi ospiti di Gesù-bambino una ricca gamma di usanze popolari e ne ha fatto il soggetto di tantissime rappresentazioni artistiche. Col tempo si è stabilito il numero tre, a partire dai tre doni; si è dato loro un nome: Baldassarre, Melchiorre e Gaspare; si è detto che sono re; si è supposto che provenissero uno dalla Persia, uno da Babilonia, uno dall'Arabia; sono stati considerati santi (Milano e Colonia si contenderanno a lungo le loro reliquie). Tutto questo nel vangelo di Matteo non c'è; nel brano di oggi, dei Magi viene tracciato un profilo molto più sintetico, meno attento a soddisfare la curiosità, ma preciso.
Anzitutto l'evangelista dice che sono "Magi"; nella letteratura del tempo, questa parola indica persone sagge che possiedono un sapere e un potere soprannaturale (erano famosi i sacerdoti persiani); essi hanno visto una stella particolare e l'hanno interpretata come un segno prodigioso, indizio della nascita del re dei Giudei.

«Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo» (Mt 2,2).
Le loro stesse parole, poi, rivelano molto sull'identità dei Magi: pur provenendo dall'Oriente, dunque non dal territorio di Israele, non sono completamente estranei al suo mondo; dimostrano, infatti, di essere informati circa le attese messianiche: sanno che Israele attende un re (che non confondono con Erode) e pensano di averne visto la stella. D'altra parte sono dei pagani, per cui non parlano di "Messia", ma usano un'espressione, "re dei Giudei", che un ebreo non avrebbe mai utilizzato.
I Magi, dunque, sanno delle attese messianiche, ma non conoscono le profezie dell'Antico Testamento, per le quali sono costretti a chiedere spiegazioni alla corte di Erode; hanno visto sorgere la stella, hanno intuito che è un segno del re dei Giudei, sono andati a Gerusalemme per avere notizie precise.
Questo è ciò che Matteo rivela dei Magi; fanno parte, chiamiamola così, dell'élite spirituale del mondo pagano: saggi, attenti scrutatori degli astri, non sono chiusi alla religiosità degli altri popoli (in questo caso degli Ebrei); sono pagani, ma si interessano del re dei Giudei che è nato.
Stupisce il loro interesse per le sorti del popolo di Israele, che poteva vedere in quel Bambino il compimento delle antiche profezie. Non credo, infatti, che ciascuno di noi si possa ritrovare nei loro atteggiamenti. Essi dimostrano di essere molto aperti al dialogo nei confronti di questo popolo a cui non appartengono. Noi, invece, ogni volta che un fratello di un'altra confessione di fede ci avvicina siamo soliti sbattere la porta in faccia, dire che non abbiamo tempo o che non ci interessa... non ci incamminiamo mai sulla strada del dialogo e del confronto! Pensiamo solo che la nostra religione sia giusta e quella degli altri sbagliata. Ma, come cristiani, non possiamo chiudere le porte ai fratelli che attendono la Parola della Verità, della Giustizia e della Pace.
In quanto "Chiesa", Corpo mistico di Cristo, abbiamo il dovere di rendere ragione della speranza che è in noi (cfr. 1 Pt 3,15), di approfittare di tutte le possibilità di dialogo per annunziare che Gesù è l'unico Salvatore del mondo, ieri, oggi, sempre!
Proprio per questo atteggiamento, i Magi sono dei personaggi positivi.

Il re Erode, invece, è una figura completamente negativa. Anzitutto, il suo stato d'animo: alla notizia dei Magi rimane terrificato. Essi gli dicono che secondo i loro calcoli dovrebbe essere nato il Messia e lui, vedendo compiersi le attese del popolo intero, invece che gioire e rallegrarsi viene percorso da un brivido di terrore.
Quindi, Erode chiama i sommi sacerdoti e gli scribi, cioè le persone più influenti e le più colte di Gerusalemme, le quali dimostrano di essere realmente esperti e, senza esitazione, rispondono alla domanda del re: il Messia deve nascere a Betlemme, secondo la profezia di Michea: «E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele» (Mi 5,1).
Allora Erode manda a Betlemme i Magi, chiedendo loro di riferirgli cosa vedranno, perché anche lui possa andare ad adorarlo. E' chiaro qui l'inganno del re, che già pensa ad un piano per uccidere il Bambino.
Il sarcasmo di Erode ben si addice ai nostri stili di vita: quando si presenta la possibilità di una situazione precaria, pur per breve tempo, la nostra reazione è sempre la vendetta.
Non ci accorgiamo, spesso, di gridare vendetta persino verso Dio, quando ci vediamo privati del potere e del successo, o quando siamo visitati da un dolore grande che ci pone in uno stato forte di disagio... Dio non può che volere il nostro bene! Oh, come potrebbe cambiare la nostra vita se ci fidessimo veramente di Dio e della Provvidenza che guida le nostre giornate!

«Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella...» (Mt 9,9).
Sulla stella, che poi nella tradizione è diventata una cometa, ci sono tante ipotesi. Tuttavia, qui la stella è un astro miracoloso, che si sposta nel cielo indicando ai Magi la strada da percorrere. E' un fatto insolito che una stella si muova precedendo un gruppo di viandanti e poi si fermi sopra la meta del viaggio; ma l'evangelista non dà peso al miracolistico, sembra solo accennare — sfumando molto — che è Dio a condurre i Magi verso il luogo dove si trova il Bambino. Ciò su cui, invece, si sofferma sono i sentimenti: «Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia» (Mt 9,10). Erode è percorso da un tremito di paura, i Magi da un'esuberanza incontenibile. Che diversità!
Quella stella è Dio che guida il loro cuore! E' per questo che provarono una grandissima gioia!
Se vogliamo fare esperienza della gioia vera, dobbiamo fare in modo che sia Dio a guidare i nostri cuori e non i sentimenti passionali che non riescono a staccarsi da questo mondo per diventare spirituali!
Solo Dio può riempire il cuore di una gioia davvero grande! Per questo Lui è necessario, Lui è indispensabile per la nostra vita, per il nostro mondo!

Guidati da Dio, i Magi, dunque, giungono alla loro meta: «Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono» (Mt 9,11). Il vocabolo greco, che noi traduciamo con "adorare", dice il gesto di gettarsi a terra e toccare il suolo con la fronte (possiamo farci un'idea guardando a come ancor oggi si prega nelle moschee). Per i Magi è un riconoscimento di regalità: siamo venuti per adorare il re dei Giudei, hanno detto ad Erode; e ora che l'hanno trovato si prostrano ai piedi del bambino, riconoscendo in lui il re.
E' il caso di rivedere, forse, anche lo stile della nostra preghiera: non siamo più abituati a piegare le ginocchia dinanzi a Gesù-Eucaristia, ad offrirgli la nostra sincera adorazione... ma, sempre presi dalle fretta, ci accorgiamo di trascurare sempre le cose più importanti, dando peso alle esigenze del momento. Fermiamoci con il corpo e con lo spirito davanti a Dio per respirare lo stupore e la meraviglia dei Magi, riconoscendo che solo Lui è il nostro tutto, solo Lui merita la nostra adorazione!

«Aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra» (Mt 2,11).
I doni dei Magi, come la stella, hanno ricevuto una molteplicità di significati dalla tradizione cristiana a partire da Origene, che vede nell'oro un segno della dignità regale di Gesù, nella mirra un preannuncio della sua morte e sepoltura, nell'incenso un'allusione alla sua divinità. Matteo è ancora molto scarno nella descrizione, si accontenta di elencare i tre doni. Sia l'incenso che la mirra erano prodotti molto costosi; messi insieme all'oro, dicono che i Magi hanno offerto a Gesù doni preziosissimi.

Leggendo questa pagina evangelica il nostro pensiero va' a Colonia, dove nello scorso mese di Agosto, i Giovani hanno celebrato la loro XX Giornata Mondiale. Il tema della giornata, nell'Anno dell'Eucaristia, scaturiva proprio dal brano dei Magi: «Siamo venuti per adorarlo!» (Mt 2,2).
Diceva il compianto Santo Padre Giovanni Paolo II nel Messaggio preparato per tale Giornata: «Offrite anche voi al Signore l'oro della vostra esistenza, ossia la libertà di seguirlo per amore rispondendo fedelmente alla sua chiamata; fate salire verso di Lui l'incenso della vostra preghiera ardente, a lode della sua gloria; offritegli la mirra, l'affetto cioè pieno di gratitudine per Lui, vero Uomo, che ci ha amato fino a morire come un malfattore sul Golgota.
Siate adoratori dell'unico vero Dio, riconoscendogli il primo posto nella vostra esistenza! L'idolatria è tentazione costante dell'uomo. Purtroppo c'è gente che cerca la soluzione dei problemi in pratiche religiose incompatibili con la fede cristiana. E' forte la spinta a credere ai facili miti del successo e del potere; è pericoloso aderire a concezioni evanescenti del sacro che presentano Dio sotto forma di energia cosmica, o in altre maniere non consone con la dottrina cattolica.
Giovani, non cedete a mendaci illusioni e mode effimere che lasciano non di rado un tragico vuoto spirituale! Rifiutate le seduzioni del denaro, del consumismo e della subdola violenza che esercitano talora i mass-media.
L'adorazione del vero Dio costituisce un autentico atto di resistenza contro ogni forma di idolatria. Adorate Cristo: Egli è la Roccia su cui costruire il vostro futuro e un mondo più giusto e solidale. Gesù è il Principe della pace, la fonte di perdono e di riconciliazione, che può rendere fratelli tutti i membri della famiglia umana»
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In conclusione, il Vangelo di oggi evidenzia due atteggiamenti diversi, nei quali è possibile riconoscersi. Da una parte Erode, che coinvolge anche tutta la città con i suoi capi e i suoi saggi. Sono gli esperti della Scrittura, coloro che conoscono perfettamente le promesse di Dio; eppure non si sono nemmeno accorti della nascita del Messia! E pensare che Betlemme dista solo pochi chilometri da Gerusalemme... Non solo: quando Erode viene a sapere che il Cristo è nato, è percorso da un brivido di terrore e mette subito in atto un piano che — come sapremo più avanti — è chiaramente omicida. Prima non si accorge del Messia, quando se ne avvede tenta di farlo fuori.
Dall'altra parte i Magi: stranieri, pagani, non conoscono neppure la Scrittura, sono solo informati delle attese messianiche di Israele, ma senza essere capaci di usare la terminologia corretta (dicono "il re dei Giudei", non "il Messia"). Però sono saggi, e con i mezzi a loro disposizione arrivano fino a Gerusalemme e poi a Betlemme: sanno che il Messia è nato, lo cercano e, quando lo trovano, lo adorano. Non la paura, ma una gioia grande li pervade tutti.
Schieramenti netti, dunque: di fronte al Messia c'è chi non se ne accorge e poi lo rifiuta, c'è chi lo cerca e, trovatolo, lo adora. Ma la cosa più sorprendente di tutto il racconto è l'inversione dei ruoli: proprio chi era preparato alla venuta dei Messia fallisce l'incontro con lui; chi invece era lontano da un punto di vista sia geografico che religioso alla fine lo incontra.

«Per un'altra strada fecero ritorno al loro paese» (Mt 2,12).
Chi incontra Dio cammina su strade nuove, diverse dalle solite dove alberga il peccato che porta alla morte! Chi incontra Dio si incammina sulle strade dell'Amore, della Vita, della Pace!
Anche noi, uscendo dalla chiesa, al termine di questa e di ogni Eucaristia, vogliamo portare alle nostre case ed al mondo la gioia di aver incontrato Dio, il Signore, Colui che "sconvolge" la nostra vita!
Dunque, facciamo la nostra scelta: stare dalla parte dei Magi o dalla parte di Erode, sapendo che «chi fa entrare Cristo nella propria vita non perde nulla, nulla - assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No, solo in questa amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in questa amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in questa amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera.
Siatene pienamente convinti: Cristo nulla toglie di quanto avete in voi di bello e di grande, ma porta tutto a perfezione per la gloria di Dio, la felicità degli uomini, la salvezza del mondo»
(Benedetto XVI ai Giovani della GMG 2005 di Colonia).

Amen.