Omelia (23-08-2023)
don Giampaolo Centofanti


La religione del do ut des non può comprendere questa parabola. La grazia invece orienta ad accoglierla con gioia e fiducia. I lavoratori della prima ora hanno vissuto un crescente benessere che quelli dell'ultima ora hanno assaporato dopo tanta sofferenza. Il denaro però indica che Dio ama tutti allo stesso modo e proprio per questo sostiene in modo diverso ogni specifica persona. Lui sa come sostenere anche nell'oscurità, la fede ci dona sempre più la fiducia che lui fa al meglio per ciascuno ogni cosa. Timori, cupezze, ogni pensiero negativo circa l'operare di Dio è un inganno, il suo amore è pienamente divino e pienamente umano. Per questo la sequela di Gesù conduce verso il vivere da creature piene di doni portate per mano dall'amore meraviglioso di Maria e di Gesù, semplici, agili, pieno di buonsenso nella grazia. Veniamo liberati da mille pesi che vengono dalla mentalità corrente, dalle ferite, da tante cose ma non da Dio. E su queste scie impariamo a non perderci mille doni che Dio ci fa anche attraverso gli altri, le situazioni. Doni da cui addirittura talora ci difendiamo, ingannati da schemi, ferite, anche quando se accogliessimo con generosità la grazia ricevuta potremmo non lasciarci confondere. In questo brano vediamo dunque che il denaro lo ricevono tutti ma vi è chi lo dà per dovuto, considerandolo una conseguenza del proprio operato mentre chi si sente graziato non attribuendo meriti o cose da difendere a se stesso riconosce e gode del dono, non se lo perde, non lo sminuisce e distorce. Venga direttamente da Dio o da Dio attraverso persone e situazioni. Il povero riconosce l'amore di Dio e degli altri, il ricco no.
Giovanni Battista è il più grande di tutti i profeti ma il più piccolo del regno dei cieli è più grande di lui (ed il Battista si è lasciato portare in tale creaturalità), dice Gesù. Infatti il piccolo ha bisogno di Dio, invoca la venuta dell'Onnipotente.