Omelia (24-08-2023)
don Giampaolo Centofanti


Gesù vede Natanaele (forse l'apostolo Bartolomeo) sotto il fico. La foglia di fico ricorda il nascondersi di Adamo. In ogni caso è lì che Bartolomeo in Gesù ha visto davvero se stesso con sincerità, disponibile a superare schemi, convenienze, affettività, abitudini, mentalità, con l'intenzione determinata di cercare di vivere da vero Israelita, figlio del popolo eletto da Dio, detentore delle promesse divine di salvezza. La sincerità è il dono primo dello Spirito perché senza di essa ci raccontiamo balle, anche religiose, anche pseudo caritatevoli, non guardiamo davvero dentro noi stessi, sempre intenti a difenderci, a difendere fasulli interessi. E la sincerità è un abisso perché solo l'amore meraviglioso e delicato di Dio ci aiuta ad aprire delicatamente il cuore. Da noi stessi non possiamo perché fuori di Dio non ci amiamo bene. Facciamo cose ma il cuore non si apre. Dunque vediamo che Natanaele ha le sue resistenze ma la grazia accolta lo aiuta a lasciarsi portare oltre, a dare possibilità alla vita di smentire le sue visuali, di modificarle. Vieni e vedi gli dice Filippo. Ecco il passaggio decisivo. La fede è un fidarsi, andare e poi sperimentare e di nuovo fidarsi e lasciarsi portare oltre e poi sperimentare. Non è un ragionamento matematico ma un imparare a riconoscere e accogliere la luce nel cuore non lasciandosi confondere da mille rumori, emozioni, ragionamenti, interni ed esterni fasulli. Si può dunque rifiutare la fede ma anche apparentemente accoglierla però restando seduti, lasciandosi imprigionare dalle proprie resistenze varie, finendo per rischiare di spegnerla. La verità non si intuisce più pienamente come mera teoria né come mera prassi ma cercando di riconoscere e accogliere la Luce nella vita concreta. Si aprono al cuore sincero tutte le porte della vita, divina e umana, gli angeli che salgono e scendono sul Figlio dell'uomo.