Omelia (25-08-2023)
don Giampaolo Centofanti


In un brano parallelo di un altro evangelista Gesù dice al dottore della legge che non è lontano dal Regno di Dio. Infatti questo fariseo non si perde nella casistica delle mille leggi e leggine che proprio i farisei coltivavano in maniera almeno talora variamente formalistica ma invece chiede il senso dei comandamenti. Questo è un dono ed un aspetto fondamentale: non vivere di cose da fare, che non aprono il cuore, e dunque non possono che appesantire ma cercare il senso autentico della vita. E qui vediamo anche il mistero di Dio, infinito, ricco di infinite sfumature eppure che può cominciare a manifestarsi più esplicitamente con pochissime parole, in un'eucaristia. Un piccolo seme che viene a misura del cammino graduale di ciascuno e accolto dalla persona che lo riceve in dono cresce gradualmente secondo l'autentico cammino di quella persona stessa. Quindi è la parola che viene, salva, dà vita, parla e si rivela quando viene accolta. È Dio che ci apre al dialogo con lui, superando le barriere dell'invisibile. E così da un lato Dio non lo vediamo ma dall'altro lato non vediamo niente e nessuno meglio di lui e solo in lui ogni cosa perché lui viene nello Spirito e ci tocca il cuore come nessuno può fare, neanche noi in noi stessi senza di lui. E dunque amerai non è un imperativo ma un futuro ossia un dono che viene sempre più quando ho accolto. Nodi che si sciolgono, strade che si aprono. Possiamo anche osservare che in questa parola sotto certi aspetti è insito un comando, ossia essa opera ciò che Dio vuole, non torna a lui senza effetto. L'amore può essere solo così: un dono liberamente elargito e liberamente accolto. Dove c'è condizionamento vario non vi è libertà e non vi può essere amore. Dio ci ama senza condizioni. E questa è la pace e la gioia di essere suoi figli: che la nostra piena realizzazione è amare ed essere amati. Solo su questa via ogni bene lo riconosciamo, lo godiamo, lo lasciamo crescere verso la pienezza.