Omelia (11-01-2006) |
mons. Vincenzo Paglia |
Gesù lascia la sinagoga assieme al suo piccolo gruppo. Ormai non è più solo. Egli ha scelto di comunicare il Vangelo del regno assieme ai suoi discepoli. Con loro forma ormai una famiglia. Lo vediamo entrare nella casa, divenuta la dimora di questa piccola famiglia, di questa piccola comunità. E anche qui avviene il miracolo. Il gruppetto dei discepoli presenta subito a Gesù l'anziana suocera di Pietro che giace a letto con la febbre. Gesù risponde immediatamente alla preghiera dei discepoli. Si accosta alla anziana donna, la prende per mano e la guarisce. Quella donna, una volta guarita, si mette a servirli. La guarigione è, appunto, alzarsi dall'immobilismo del proprio egoismo e della propria pigrizia per mettersi a servire Gesù e la sua comunità. L'evangelista narra una giornata tipo di Gesù. Inizia con la preghiera, ossia con l'incontro con il Padre in un luogo appartato, intimo, lontano dalla folla e dalla confusione. Per Gesù, la preghiera non è solo l'inizio temporale della giornata, ne è il fondamento. E quando i discepoli rivolgono la mente e il cuore a Dio inizia il tempo nuovo annunciato dal Vangelo. Stare davanti al Signore in preghiera, come figli che tutto attendono da Lui, significa iniziare un modo nuovo di vivere. È il modo di vivere di Gesù: egli è Figlio dall'eternità. È venuto sulla terra a fare non la sua volontà ma quella del Padre. E il Padre vuole che tutti gli uomini siano salvi. Potremmo dire che dalla preghiera Gesù allarga il suo cuore sino ai confini della terra. Ecco perché non si ferma nei luoghi abituali. Va dovunque. E dovunque passa crea un clima nuovo, di festa, soprattutto tra i poveri; anche i lebbrosi, i più poveri tra i poveri, accorrono a lui e vengono guariti. |