Omelia (13-10-2023)
don Giampaolo Centofanti


La festa di nozze è invito ad un cammino verso la felicità piena. Agli esordi del racconto vediamo invitate persone tutte prese dai loro affari che declinano anche senza troppi convenevoli la proposta e poi, non volendo saperne, rifiutano la chiamata persino con violenza. Commettono peccato consapevolmente? In questo caso parrebbe di sì, sembrano avere la grazia ma sono chiusi nei loro miopi interessi. Quando ci si chiude a lungo alla grazia la vita si spegne, in vario modo tutto tende a crollare. Non è Dio che li punisce, ma l'essere figli di Dio chiusi alla sua luce che li distrugge. Ma il cammino dell'uomo può passare per un grande transito di conversione quando questo vario crollo di speranze, di gratificazioni, cercate con i propri criteri e le proprie forze mostra la loro precarietà ed il loro inganno. La ricchezza dell'uomo può rivelarsi la sua debolezza. Vediamo qui che Gesù usa la parola dignità non come perfezione di una persona ma come adeguatezza di percorso. Paradossalmente sono degni coloro che non hanno più nulla, vivono ai crocicchi delle strade. Alcuni sono buoni altri persino cattivi, ciò che fa loro accettare l'invito è il bisogno: sono poveri. Questa parabola mostra come anche oggi si può dare una lettura moralistica della stessa predicazione di Gesù. Si sente talora affermare infatti che l'uomo senza abito nuziale sia rimproverato dal re perché cattivo. Ma la parabola stessa chiarisce che gli invitati erano alcuni buoni, altri cattivi. Il problema di quell'uomo è lo stesso di questi interpreti ora citati: presentarsi da Dio con una propria bontà, con un proprio abito di salvezza, invece di lasciarsi vestire del tutto gratuitamente con l'abito della festa che a quel tempo i ricchi padroni di casa offrivano ai loro invitati in tali occasioni. Quel povero andato alla festa si è ritenuto ricco di suo per esservi andato. Dio non è che punisce ma aspetta come visto sopra che attraverso le esperienze della vita ed anche gli eventuali peccati ciascuno impari a puntare su Dio, sulla sua grazia e non si se stesso. La parabola finisce con questo avvertimento: molti sono chiamati ma pochi eletti. Prima o poi può scattare il momento in cui emerge la superbia ancora latente, la ricchezza in proprio e allora perché venga il tempo della grazia bisogna passare per altre esperienze ancora. Il Signore perdona tutti e porta in paradiso chiunque lo voglia, ma qui in terra o lassù in cielo la vita vera passa per il riconoscersi la persona totalmente bisognosa di Dio, senza alcun merito da poter vantare.