Omelia (15-01-2006) |
mons. Antonio Riboldi |
Maestro dove abiti? Un giorno stando in piazza S. Pietro, una persona vicino mi disse: " Mi piacerebbe vedere dove abita il Santo Padre; come vive la sua giornata, cosa fa', insomma la sua vita è come la nostra?" Era forse la curiosità solita di entrare nella vita di uno che si ritiene grande: e Giovanni Paolo II era "il grande". Più volte ebbi il dono, nelle visite ad limina, che noi vescovi facciamo ogni cinque anni, di "vedere" dove abitava, mangiare con lui e quello che era più significativo celebrare la S. Messa nella sua cappella. E' sempre stato un "vedere la vita" di chi noi consideriamo grandi, come una vita da "sogno", che poco hanno con la nostra normalità. E questo desiderio di entrare nella vita dei "grandi", viene ampiamente sfruttato dai mass-media, che sono disposti a volte a fare capriole per sfamare la curiosità della gente: a volte facendo un romanzo di ciò che vedono, a volte divinizzando ciò che invece è banale; a volte anche inventando, per accontentare la nostra fantasia, a caccia di vita da sogni. Vennero una volta anche da me, con tanto di fotografi, pronti a catturare ciò che facevo, dove stavo, come vivevo: volevano raccontare: "un giorno con il vescovo" e se ne andarono dicendo: "Tutto qui?" per la semplicità, direi la ferialità che videro. Li avevo scoraggiati dicendo che vi era nulla di straordinario nella mia vita che meritasse di essere raccontato. Era la vita di uno qualsiasi, che non offriva fra l'altro di essere ricamata di bardature impossibili. Più seria, invece, la domanda rivolta una sera, in un meraviglioso convegno alla Santa Madre Teresa, la vera effigie della semplicità o ancora meglio della umiltà e povertà, che aveva il solo splendore della carità. Era quella umiltà e fede che fa veramente grande il cristiano, chiunque sia. La domanda era: "Mi piacerebbe tanto, Madre, venire a stare con lei. Deve essere fantastico". Ricordo lo sguardo dolcissimo di Madre Teresa, che era al mio fianco e, guardando fisso negli occhi, con quel suo sguardo che era davvero un canto di dolcezza, e che esprimeva lo stupore della domanda rivoltale, disse: "Il bello della mia vita è stare con Gesù, ma la sua è un'amicizia difficilissima, anche se è la più desiderabile. Da chi infatti si può, e meglio, essere amati che da Dio? E già gran dono sapere di essere state chiamate a entrare nella sua particolare amicizia. Che poi questa amicizia sia davvero "fantastica", come pensate voi, proprio non posso dirlo. Non è un mondo di sogni. Questo di un mondo da sogni è un bugiardo linguaggio del mondo che non sa come sia la meraviglia del "mondo di Dio", che è il Cielo. La verità è che il "fantastico di Dio" è la croce su cui ci si consuma giorno per giorno: lo spettacolo più bello che l'amore di Dio abbia allestito, che quanti seguono Gesù conoscono, ma il mondo chiama follia. Ci stai a venire ora con me?". Stranamente la ragazza che aveva interpellato Madre Teresa, non lasciò spegnere la luce che si era accesa nel cuore e mentre scrivo so che quella ragazza vive "tra gli stracci" di Madre Teresa, in qualche lebbrosario del mondo, a raccontare con la vita la bellezza dell'amore...anche se è una vita da croce e non da sogni. Ma ci vuole la generosità dell'anima: come quella che ci racconta oggi la Scrittura di Samuele. "Samuele era coricato nel tempio del Signore; dove si trovava l'arca. Allora il Signore chiamò: Samuele! E Samuele rispose: Eccomi! Poi corse da Elia e gli disse: Mi hai chiamato, eccomi! Elia rispose: Non ti ho chiamato: ora torna a dormire. E così per altre volte Samuele ripeteva "Eccomi!". Venne il Signore finalmente e stette di nuovo accanto a lui e lo chiamò ancora come le altre volte: Samuele, Samuele! Samuele rispose: Parla, o Signore, perché il tuo servo ti ascolta" (I Sam 3,10-19). Il Vangelo con semplicità racconta il primo incontro con quelli che poi diverranno i suoi intimi amici e quindi apostoli. "Il giorno dopo, racconta Giovanni Evangelista, Giovanni stava ancora là con due discepoli e fissando lo sguardo su Gesù che passava disse: Ecco l'agnello di Dio! E i due discepoli, sentendolo parlare così, lo seguirono. Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: Che cercate? Gli risposero: Rabbì (che significa maestro), dove abiti? Disse loro: Venite e vedrete! Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui: erano circa le quattro del pomeriggio" (Gv 1,35-42). Cosa avevano trovato di straordinario? Cosa avranno visto? Certamente nulla di quanto la fantasia in cerca di "cose favolose" immagina. Sappiamo che Gesù non aveva nulla di attraente e che desse sicurezza attorno a sé, tranne la sua divina, incredibile Persona, che forse tutti vorremmo incontrare e seguire. Abitava certamente nei luoghi più disparati; a volte nel deserto, a volte presso amici, il più delle volte a cielo aperto. La sua era una vita "povera", nel senso pieno della parola, dove dominava la libertà da tutto per vivere il tutto che era la volontà del Padre. Ma, stranamente, accanto a lui i discepoli trovarono la bellezza della vita...come la trovava Madre Teresa sui marciapiedi di Calcutta a raccogliere gente senza più traccia di uomo o donna, nascosto da una miseria inimmaginabile, ma in cui, con la fede, si poteva vedere chiarissimo il volto di Cristo. Veramente per i Santi, e non solo quelli degli altari, ma quelli della vita comune che vivono tra di noi, Gesù è "tutto". Una delle preghiere più belle dei nostri Padri era: "Mostraci il tuo volto, Signore!" E. Mosè così pregava: "Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, fammi vedere il tuo volto." I discepoli che chiesero a Gesù di mostrare loro dove abitava, devono essere stati affascinati non da dove abitava, che poteva essere un prato o un rifugio abbandonato, ma da quel Volto, da cui non si poteva staccare l'occhio. Tanto è vero che, racconta sempre Giovanni, "uno dei discepoli che avevano udito la parola di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: Abbiamo trovato il Messia ( che significa il Cristo) e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni, ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)" (Gv 1,40-42). E' incredibile, ma vero, come chi ha la grazia di vedere Cristo, magari nella meravigliosa fede dei "santi di oggi", senta anche lui la voglia di chiedere "dove abiti?". E' la storia di tante vocazioni comuni o di vita consacrata. Prima di Natale ebbi la gioia di stare due giorni con tanti giovani alla Verna, in preparazione al S. Natale. Già la Verna, per chi la conosce, sembra rispondere a "dove abita Cristo". Per due giorni quei giovani si lasciarono condurre per mano dalla bellezza del volto di Gesù. Non si stancavano di ascoltare, più ancora di mettere sottosopra la loro vita per trovare quel tesoro che era nascosto proprio nel loro campo e forse sotterrato dalle tante gramigne del mondo e, trovatolo, lasciarsi affascinare: un tesoro che era "vedere Gesù". Trattenevano quasi il respiro nella adorazione al SS.mo Sacramento, nel luogo più celebre della Verna, ossia nella Chiesa dove S. Francesco ricevette le stimmate. Sembrava volessero, con il loro silenzio, almeno provare il grande amore e la grande gioia di Francesco verso Gesù, fino a condividere "qualcosa, le stimmate" con Lui. Ed ancora più, alle ore 21, vollero celebrare la veglia penitenziale, nella grande basilica. Impossibile descrivere il clima di desiderio di "andare a vedere dove abita Gesù", quella notte: svestendosi dalle stupide abitudini del tempo per lasciarsi vestire delle vesti divine della santità. Avevano coscienza dell'eroismo che chiedeva una scelta simile, perché sapevano che oggi la società non ama vedere cristiani dalla schiena diritta, testimoni di fede autentica, "ama" solo i pagliacci senza dignità, magari con il nome di "cristiano". Sapevano che a volte essere cristiano, come afferma spesso il Santo Padre, non è facile nella società che non vuole ostacoli alle tragiche sue bugie della vita. Ma sembrava non avessero paura. Una veglia che non voleva finire mai, come si volesse "stare ed abitare con Gesù" lì, al luogo delle stimmate. Quando si dice che i giovani sanno essere il meraviglioso possibile futuro, non solo della Chiesa ma del mondo, si dice una stupenda verità. "Se Francesco, mi disse uno, chiese a Gesù di farlo partecipe del suo amore e del suo dolore con le stimmate, dolorosissime, perché io debbo avere paura delle piccole punture della fede?" Era un poco quello che un giorno una stupenda giovane, mi scriveva dall'eremo dove ora vive, dopo essersi data, chiamata, tutta a Gesù, per stare sempre e solo con Lui, e quindi farsi dono a noi. "Dopo che l'Amen è stato pronunciato nella professione religiosa, l'ora che inizia la vita monastica, mi rimane l'Alleluja. La Chiesa ha ratificato la mia consacrazione, la comunità che Dio ha scelto per me mi ha accolto, l'Onnipotente si è fatto mio tutto. E' un mistero incredibile. La gioia e la riconoscenza sono profonde e incontenibili. Però è un Signore crocifisso ed io sono cosciente della mia debolezza perché per essere degna del suo amore dovrò ogni giorno salire sulla sua croce. Ma è sempre Alleluja!" Non ci viene la voglia di gustare quello stare con Gesù, forse stanchi dello stare con un mondo che offre chiasso e disgusto? Prego sia per tutti questa nostalgia: " Signore, dove abiti?" "Venite e vedete". Tanti mi chiedono notizie del piccolo libro edito da "Messaggero di S. Antonio" intitolato "Gli scugnizzi di don Antonio", fra l'altro presentato dalla TV italiana, una domenica, nella trasmissione "A tua immagine". In un mondo dove i bambini non sono amati, ho voluto raccontare piccole storie vere con i bambini difficili che ho incontrato. Storie di vita, con amore. Si può facilmente trovare o nelle librerie cattoliche o direttamente a "Messaggero S. Antonio - Casa editrice – Padova" |